giovedì 28 gennaio 2010

Banche, banchieri, Procure e politica: 120 anni e non sentirli"

Un recente sceneggiato televisivo ha raccontato la storia della Banca Romana. Un intrigo tutto italiano di fine ottocento. Non è dato sapere quanti italiani abbiano seguito quella storia e, di questi, quanti ne abbiano colto l'attualità. Per gli uni e per gli altri anzi, meglio, per tutti gli italiani, proponiamo una brillante sintesi formulata anni addietro dal grande giornalista Lorenzo del Boca e, subito a seguire, la sconcertante corrispondenza (recentissima) intrattenuta fra un cittadino solerte (troppo) alcune Procure della Repubblica (negligenti) ed il Comando Carabinieri (neghittoso) presso la Banca d'Italia (sorniona). Buona lettura e buon riposo


"Se ci sono corrotti e corruttori, la giustizia li colpirà" di Lorenzo del Boca
Gli istituti di credito, in quel 1889, avevano aumentato a sproposito la circolazione di moneta cartacea (oggi diremmo di “bond”, ndr) senza la necessaria copertura e si trovarono esposti con i loro clienti. Il colpo peggiore fu accusato dalla Banca Romana perché era quella che, nella generale irresponsabilità, aveva molto esagerato. Il suo presidente, Bernardo Tanlongo, per amicizie e con puntuali elargizioni, era riuscito a mettere la sordina alle chiacchiere ed a scongiurare lo scandalo. Ma venne il momento in cui non gli fu più possibile rimediare, il governo dovette nominare una commissione d’inchiesta perché controllasse conti e bilanci e incaricò il senatore Giacomo Alvisi di coordinarne i lavori. Subito si scoprì un ammanco di 9 milioni (equivalenti a circa 200 milioni di euro, ndr). Nulla, tuttavia, rispetto alle vere proporzioni dell’ammanco che risulterà essere di circa 70 milioni (attualizzabili in 1,3 miliardi di euro). Le prime comunicazioni, alla fine del giugno 1891, inquietarono i deputati che, spaventati per l’immaginabile contraccolpo sui mercati, chiesero di non sapere e di essere lasciati all’oscuro. Si dettero una giustificazione ipocrita: “Un’inchiesta del genere è utile al governo ma non è utile metterla in pubblico”. ( praticamente identica alla motivazione che si potrebbe definire dello “strepitus interruptus” con cui il CSM archivia il procedimento per il trasferimento d’ufficio del Procuratore Capo di Salerno, Dr. Luigi Apicella, vedi articolo a pagina 3). Il senatore Alvisi, che aveva preparato una relazione dettagliata con tanto di nomi e cognomi, non capì ma si adeguò e venne trovato morto prima che il governo ritenesse conveniente domandargli informazioni più dettagliate. Quell’uomo deve essere stato uno dei pochi che abbia preso sul serio il compito di inquirente affidatogli dal parlamento e, a differenza di troppi colleghi, non si preoccupò di insabbiare i documenti, modificare le dichiarazioni, mascherare l’evidente, truccare le carte. Nel frattempo il governo era finito a Giovanni Giolitti che credette di sbarazzarsi del problema predicando bene e razzolando male. In aula le sue dichiarazioni furono dettate dalla severità più risoluta: “Se ci sono corrotti e corruttori, la mano della giustizia li colpirà”. Ma poi lui stesso nascose sei plichi di documenti. Perché? Giolitti era implicato in modo non del tutto marginale. Personalmente gli addebitavano di aver approfittato della banca facendosi prestare 60 mila lire (1,2 milioni di euro, ndr) che il funzionario dell’istituto bancario, Dr. Cantoni, aveva consegnato al suo segretario. Ma il deputato spiegò di aver utilizzato la cifra per “impegni straordinari sostenuti dal Ministero degli Interni”. La conferma esibita fu la certificazione che, pochi giorni prima della scadenza, il Ministero degli Interni aveva restituito 61.500 lire. Non v’è, purtroppo, traccia dei documenti che dimostravano come erano stati spesi quei fondi. Tentarono di attribuirgli un secondo incasso di 40 (o 50) mila lire. Il postino fu indicato in Pietro Tanlongo (figlio del presidente di Banca Romana) ma questi negò al pari di Giolitti. Erano molto più compromessi gli avversari politici di Giolitti, nonostante grondassero moralismo da tutti i pori. Ed anche gli eroi del Risorgimento non lesinarono incursioni nelle finanze di Banca Romana. Le prime 69.000 lire furono date al deputato Francesco Pais Serra, nobile sardo con trascorsi e simpatie garibaldine. Poi altre 60.000 al Ministro dell’Istruzione, Ferdinando Martini. Non aveva onorato la cambiale neanche Federico Colajanni, deputato di L’Aquila, amico di Depretis. Restava in debito l’Avv. Siracusano Emilio Bufardieci, amico di Crispi, e non aveva pagato il debito l’On. Alessandro Narducci che era amico di tutti e due. Avevano preso soldi Edoardo Arbib e Raffaele Giovagnoli, due dei Mille. Risultavano nell’elenco dei clienti morosi il barone Gennaro di San Donato Sambiase Sanseverino che, non si sa con quanta solerzia, presiedeva la commissione parlamentare incaricata di riformare le banche, ed il segretario della medesima commissione, Ranieri Simonelli, pisano, ex segretario generale del Ministero dell’Agricoltura. Soldi anche per il giornalista Carlo Pancrazi, per il direttore del “Tempo” di Venezia, Roberto Galli. Per Giovanni Nicotera che aveva bisogno di 15.000 lire mensili per la sua “Tribuna”. Il direttore della “Gazzetta Piemontese” di Torino, Luigi Roux, volle invece guadagnare in modo più appropriato: avendo un giornale a disposizione ed essendo stato eletto deputato, si fece conferire l’incarico di addetto stampa del Minisero degli Interni. Obiezioni? Sembrava un parlamento di squattrinati che dovevano indebitarsi per tirare avanti. Gli elenchi dei morosi cominciavano con Avanzini Baldassarre e arrivavano sino a Tecchio Sebastiano, passando per Papa Ulisse e il battagliero Marziale Capo. Morì, fra le tratte inevase, Benedetto Cairoli, ex presidente del Consiglio. Il banchiere Tanlongo venne arrestato il 18 gennaio 1893. Nel processo della primavera 1894, i suoi avvocati invocarono la “ragion di Stato” essendo le irregolarità cagionate dallo stesso governo, il quale era intervenuto per sollecitare prestiti ad alcuni politici e finanziamenti a giornali di area governativa. Tanlongo andò assolto e Giolitti, considerato un faccendiere, un maneggione ed un intrallazzatore senza scrupoli, dovette lasciare la carica di presidente del Consiglio e riparare in Germania. Fu sostituito da Francesco Crispi, avido, ambizioso senza alcuno scrupolo. Le analisi economiche dimostrarono che la Banca Romana gli consegnò illegalmente 718.000 lire (14 milioni di euro) e almeno altrettanto venne elargito per il suo “entourage”



Banche, banchieri, Procure e politica: 120 anni e non sentirli di Nicola Piccenna

Messaggio n. 1 dell'8 gennaio 2010 h 19:04

da: -omissis-@inpspec.gov.it
A: prot.procura.catanzaro@giustiziacert.it, prot.procura.salerno@giustiziacert.it,
prot.pg.catanzaro@giustiziacert.it, prot.pg.salerno@giustiziacert.it,
prot.pg.cassazione@giustiziacert.it

Data : Fri, 8 Jan 2010 19:04:04 +0100
Oggetto: La Procura di Matera trascura, la Banca d'Italia ignora, l'usura prospera

In esclusiva l'informativa della Guardia di Finanza di Matera che sin dal 2008 aveva scoperto e segnalato gravissime anomalie al Procuratore Giuseppe Chieco ed al Sostituto Proc. Anziano Annunziata Cazzetta

La Procura di Matera trascura, la Banca d'Italia ignora, l'usura prospera

Il procedimento è del 2005, la Guardia di Finanza completa gli accertamenti nel 2009 (ma aveva già comunicato irregolarità nel marzo del 2008): "il tasso d'interesse superò il tasso soglia e fu applicato senza soluzione di continuità dal 1.1.1999 al 17.7.2003 (oltre quattro anni); la banca percepì indebitamente la somma di Euro 23.389,64". Signori si tratta di usura. Ma alla Procura di Matera non sembra interessare molto, tanto che il procedimento langue nei cassetti di un qualche magistrato dopo essere passato attraverso quelli del Procuratore Capo (Giuseppe Chieco) e del Sostituto Anziano (Annunziata Cazzetta), entrambi indagati dalle Procure di Catanzaro e Salerno per reati gravissimi compresa l'associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari. Sempre i finanzieri, richiamando quanto già segnalato nel marzo 2008, fanno notare:"il software gestionale (della banca, ndr) è stato bypassato affinché non segnalasse l'errata attuazione delle condizioni contrattuali". Il resto lo leggerete nel documento originale allegato integralmente. continua... http://attigiudiziari.blogspot.com/2010/01/la-procura-di-matera-trascura-la-banca.html?zx=1f322b963e95f219


RISPOSTA al Messaggio n. 1 del 14 gennaio 2010 h 10:28

da: Comando Banca d'Italia - Comando, 01/14/2010 10:28
a: -omissis-@inpspec.gov.it

Gentile Signor -omissis-,
in merito all'e-mail da lei inoltrata in data 9 gennaio 2010, Le comunico che il Comando Carabinieri Banca d'Italia non è competente in materia essendo altri i compiti istituzionalmente previsti dalla vigente Convenzione tra l'Arma e la Banca d'Italia; pertanto non potrà interessare, come richiesto, l'Ufficio Ispettivo dell'Istituto.
La prego, pertanto, di rivolgersi alla Compagnia Carabinieri di -omissis- località nella quale Lei afferma di dimorare.

Distinti saluti
Colonnello -omissis-


RISPOSTA alla risposta del Messaggio n. 1 – del 14 gennaio 2010 h 13:29

Re: POSTA CERTIFICATA: Richiesta inviata tramite posta elettronica certificata.
Da: – omissis-@inpspec.gov.it, 01/14/2010 13:29
a: srm24761@pec.carabinieri.it
cc: prot.procura.salerno@giustiziacert.it,
prot.pg.cassazione@giustiziacert.it,
prot.pg.salerno@giustiziacert.it

Egregio Col. -omissis-,
mi scuso per la scarsa conoscenza dei compiti affidati all'ufficio dell'Arma che dirige.
Pensavo, evidentemente errando, che un pubblico ufficiale quando viene a conoscenza di un reato perseguibile d'ufficio fosse in dovere (oltre che in potere) di procedere autonomamente nel dare impulso all'azione penale.
D'altro canto, Lei crede che il Comando dei Carabinieri di -omissis- (luogo in cui confermo di risiedere) abbia fra i suoi compiti quello di avvisare l'Ufficio Ispettorato della Banca d'Italia?
Suvvia, Colonnello -omissis-, Lei che è ad un tiro di schioppo dal cuore pulsante dell'Istituto Bankitalia, non passi la palla ad un remoto comando di provincia.
Consideri, signor Colonnello, che il reato di usura è già di per sé un crimine odioso, se poi viene perseguito da una banca con il favoreggiamento di una Procura della Repubblica diventa spaventoso.
Cordiali Saluti
-omissis-

Dalle ore 13:29 del 14 gennaio 2010: SILENZIO

sabato 9 gennaio 2010

Luigi de Magistris e la scomparsa dei nomi e dei fatti (reato)

C'era una volta il magistrato Luigi de Magistris protagonista di una delle più coraggiose indagini sulla criminalità dei potentati che hanno ridotto il Mezzogiorno d'Italia ad un ammasso d'inquinamento, malaffare, disoccupati e cassintegrati (stipendiati, come dice il Ministro Maroni). Quell'indagine ha documentato in atti giudiziari (grazie al contributo di un manipolo di ufficiali e sottufficiali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza) l'esistenza di una rete di relazioni che consentiva di conoscere lo sviluppo delle indagini ed intralciarle. Si va dal piccolo intervento del capo della squadra mobile di Matera (Fucarino), che inverte la sequenza temporale di alcune conversazioni telefoniche intercettate per determinare false ipotesi di reato; all'avocazione illegittima del procedimento penale da parte di Dolcino Favi (Procuratore Generale facente funzioni). Dalle minacce di Giuseppe Chieco (Proc. Capo a Matera) verso un "suo" sostituto, colpevole di voler perquisire l'ufficio di un suo (di Chieco) amico che regala oggetti di valore alla sua (sempre di Chieco) stretta congiunta; all'organizzazione di testimonianze pilotate per danneggiare un noto PM scomodo, artefici Gaetano Bonomi (Sost. Proc. Gen. a Potenza) e un paio di generali dei Carabinieri. Dal PM (Annunziata Cazzetta) che ascolta le conversazioni telefoniche in cui De Magistris dispone indagini e verifiche a suo (Cazzetta) carico ed a carico del GIP (Angelo Onorati) che le autorizza le intercettazioni telefoniche per mesi e forse anni; a Giuseppe Chieco che si fa accompagnare dal comandante della Guardia di Finanza di Policoro quando decide di acquistare la casa al mare. Da Salvatore Curcio e Salvatore Murone (rispettivamente sostituto e procuratore aggiunto a Catanzaro) che ricevono la denuncia contro "Chieco Giuseppe Procuratore Capo presso la Procura della Repubblica di Matera" ed iscrivono il procedimento penale contro ignoti, a Rocco Alfano (sost. proc. a Salerno) che riceve denunce/querele per gravissimi fatti reato e le iscrive nel registro dei "fatti non costituenti notizie di reato". Da Laura Triassi (sost. proc. a Potenza) che riceve una denuncia per fatti e minacce con modalità mafiosa e trasmette il fascicolo alla Procura ordinaria dove vivono i presunti minaccianti; ad Annunziata Cazzetta che riceve un procedimento penale per brogli elettorali alle elezioni regionali del 2005 e a pochi mesi dalle elezioni regionali del 2010 non ha ancora definito il procedimento. Potremmo continuare a lungo, ma non eviteremmo, comunque, di far torto a qualcuno che merita di essere citato in questa disamina delle vergogne. Invece torniamo a Luigi de Magistris che, costretto a lasciare la toga da una serie di provvedimenti disciplinari che definiamo assurdi (per brevità), scese nell'agone politico diventando uno dei parlamentari europei più suffragati d'Italia.
Qualcosa era successo nell'opinione pubblica che, bombardata da un'informazione quasi a senso unico in cui il "de" era dipinto come la quintessenza dell'abuso giudiziario (lo definivano Sua Abnormità), aveva viceversa capito benissimo dove stavano le ragioni e dove gli abusi. Soprattutto, la gente aveva visto in lui una possibilità di riscatto e di ritorno al rispetto delle regole elementari del vivere civile che solo un sistema giudiziario credibile può tutelare. Stimato Dr. Luigi de Magistris, questa è stata la leva del suo successo elettorale e da qui dovrebbe partire per rispondere al mandato di rappresentanza che ha ricevuto. Si capisce che si tratta di un lavoro diverso, di una sfida tutta da conoscere e sviluppare. Ma su un punto non ci dovrebbero essere dubbi, non si può prescindere dalla concretezza. Da quella immediatezza comunicativa che ha consentito di superare la barriera dei media orientati ed essere intellegibile anche dal "normale" cittadino. Una cosa diversa dal pur apprezzabile intervento pubblicato in data 8 gennaio 2010: "La magistratura immobile e complice e il senso dello Stato". E' indispensabile tornare a parlare facendo nomi e cognomi e raccontando fatti e circostanze precise, solo così la gente capisce davvero. La politica con la "P" maiuscola, non può essere la politica delle affermazioni di principio o delle denunce generiche su cui pontificano anche i peggiori lestofanti. Anzi, questi sono i primi. Sarebbe utile dare un giudizio anche sui fatti politicamente scomodi per chi, come Lei, si identifica ideologicamente in uno schieramento, quelli di Bubbico e Maritati, quelli di Cesa e Minniti, quelli del petrolio lucano. Quelli della BNL di D'Alema e Fassino, costati il posto a Clementina Forleo che non ha esitato a scendere nell'agone mediatico pur di affermare le ragioni della democrazia e della Costituzione, evitando proprio al "de" di trovarsi isolato nel momento più delicato delle sue vicende professionali. Tutti indistintamente, come faceva da magistrato, solo che adesso l'elencazione non è finalizzata al rinvio a giudizio bensì all'affronto nelle sedi politiche della questione "giustizia" in tutte le sue accezioni (che poi produce comunque un rinvio, ma il giudizio in questo caso è quello degli elettori). Quale miglior sede della Corte di Giustizia Europea e del Parlamento di Strasburgo per difendere i diritti violati dei magistrati Gabriella Nuzzi, Dionigio Verasani, Luigi Apicella, Clementina Forleo e dei tanti ufficiali trasferiti perché avevano indagato e dei giornalisti perseguitati da decine di querele perché avevano informato?  Diversamente continueremo a dolerci di aver perso un ottimo e coraggioso magistrato, attività per cui l'Italia le deve grande riconoscenza.

p.s. segnalo che una sistematica pubblicazione degli atti giudiziari utili a conoscere cosa accade in Italia è disponibile sul blog: www.attigiudiziari.blogspot.com (nomi, cognomi, fatti e circostanze)

venerdì 8 gennaio 2010

L'arte (grossolana) di ostacolare l'autonomia del Pubblico Ministero

Soggetto solo alla Legge, dice la Costituzione, ma è una bufala. Da qualche tempo, apertamente, i magistrati sono soggetti ad una ben individuata progenie di politici, magistrati e membri del CSM che della Costituzione non conoscono nemmeno i rudimenti (se li conoscessero sarebbe peggio in quanto ne discenderebbe che sono responsabili dolosamente). L'avevamo detto (e scritto) qualche anno fa e non riusciamo a farcene vanto, purtroppo. La notizia pubblicata dai soliti noti (sono così pochi i giornalisti riconoscibili come tali ai neofiti del "mestiere") è chiara: Bruni come de Magistris. Strappato il fascicolo sulla Security Wind(si consiglia la lettura attenta dell'articolo pubblicato da http://www.antimafiaduemila.com/content/view/23644/78/); ma non è una novità.
E' un bel pezzo, ormai, che l'amministrazione della giustizia è nelle mani di alcuni (pochi) magistrati, membri del CSM e politici, tutti accomunati da spregiudicatezza e protervia che riescono a contrastare gli altrettanto pochi magistrati soggetti solo alla Legge grazie al silenzio di tanti magistrati prudenti.
Esistevano già evidenze: 1) nei procedimenti penali tenuti dai PM Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani di Salerno; 2) nelle dichiarazioni rese dal Dr. Bruni (lo stesso cui è stata sottratta l'inchiesta sulla security di Wind, che aveva ereditato l'inchiesta Why Not già del Dr. Luigi de Magistris); 3) in esplicite e documentate denunce presentate alla Procura di Salerno (Dr. Rocco Alfano - sost. proc., Dr. Franco Roberti - proc. capo: gli stessi che hanno "ereditato" i procedimenti penali che già furono di Nuzzi e Verasani); evidenze che mostravano come un'associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari fosse all'opera per operare lo smantellamento delle inchieste "scomode" e la delegittimazione dei magistrati che le avevano in "gestione" (l'espressione è ripetutamente utilizzata dai magistrati inquirenti e non già d'iniziativa dell'odierno cronista).
Nulla è stato fatto, nemmeno le richieste azioni cautelari che avrebbero interrotto l'iter delittuoso (che si sarebbe in tempo ad interrompere ancora oggi). Come è stato possibile? Per il silenzio dei più. Chi ce lo fa fare, deve pensare quella maggioranza silenziosa e costituzionalmente onesta di onesti impiegati statali che tenta di fare il proprio dovere come se la Repubblica Italiana fosse veramente fondata sul lavoro e se l'amministrazione della Giustizia garantisse i diritti inalienabili scritti nelle Leggi e nella Costituzione. Già, chi glielo fa fare. Ma vale per loro come per ciascuno di noi. Chi ce lo fa fare?
Una certezza: ogni arretramento, ogni silenzio, ogni mancata difesa dei diritti costituzionali è un pizzico di libertà che scompare. Come è accaduto per Toghe Lucane. Il silenzio inerte della Procura di Salerno ha consentito di aggravare gli illeciti denunciati e di commetterne degli altri. Quel silenzio di magistrati certamente onesti, quel ritardo di magistrati certamente inerti, produce molti più danni che le scarcerazioni di Adalgisa Rinardo, la scomparsa dell'accertata usura bancaria operata dalla ben nota Procura di Matera, l'abuso della querela come strumento per ingessare i giornalisti scomodi, l'assoluzione nel processo "Marinagri" senza convocare le parti offese.
Chissà se mai il Procuratore Generale di Salerno (S.E. Lucio Di Pietro) valuterà la possibilità di avocare le inchieste ex Nuzzi-Verasani che languono da quasi un anno nelle mani di 4 o 5 sostituti ed un Procuratore Capo dalle eccellenti doti.

lunedì 4 gennaio 2010

Il Presidente della Repubblica e la riunione di condominio

«Pape Satàn, pape Satàn aleppe!» Con questa misteriosa frase, il demonio Pluto apostrofa Dante appena arrivato nel quarto cerchio dell'inferno. Si tratta della subitanea frase balzata alla mente appena Giorgio Napolitano ha concluso il tradizionale discorso di fine anno agli Italiani. Probabilmente è l'unica riferibile senza incappare nel vilipendio dell'istituzione, quindi dimentichiamo la seconda, la terza e così via. Tuttavia, la Costituzione ci consente il diritto di critica: eccolo qui, detto fatto!
Forse è un pregio, ma non si riesce a capire perché. Comunque, se S.E. Giorgio Napolitano consente una critica, non si capisce quale bisogno avesse l'Italia di ascoltare un discorso di fine anno che sarebbe andato bene per una riunione di condominio. Una di quelle in cui il più anziano e saggio dei condomini parla dei bei tempi che furono, della necessità di volersi bene e conclude con l'invito a non alzare la voce e strisciare le sedie. Non era questo che ci si poteva attendere da S.E. Giorgio Napolitano dopo un anno come il 2009. Ma egli è solito far finta di niente quando si trova davanti questioni di grande portata. Della Primavera di Praga si è ricordato dopo quarant'anni ed ha fatto ammenda. Delle vicende accadute nel 2009 non parlerà mai (verosimilmente). Eppure il trattamento che gli ha riservato Silvio Berlusconi, all'annullamento del "Lodo Alfano" da parte della Corte Costituzionale è stato quasi brutale. Non di meno le critiche per l'avallo a leggi e decreti non certo costituzionalmente adamantini, "Lodo Alfano" compreso. E cosa dire del trattamento riservato a Gabriella Nuzzi, Dionigio Verasani e Luigi Apicella? Quei magistrati di Salerno vilipesi e trasferiti per aver assunto provvedimenti giudiziari passati indenni da tutti i gradi di giudizio affrontati. E Luigi de Magistris, sottratto alle indagini del procedimento "Toghe Lucane" dopo che gli erano stati sottratti i procedimenti "Why Not" e "Poseidone"? E Clementina Forleo? Era Gip a Milano e si accingeva a decidere in merito al coinvolgimento di Massimo D'Alema ed altri papaveri (è il caso di dirlo) ex comunisti alle prese con la scalata bancaria UNIPOL versus BNL. Trasferita anche lei in circostanze misteriose e preoccupanti. Può il Capo dello Stato, nonché Presidente del CSM, ignorare come non accaduti questi fatti? Moderiamo i toni, dice Napoliano. E perché dovremmo? Perché si dovrebbe dire a bassa voce che la democrazia italiana è in pericolo? Perché non si può criticare veementemente coloro che abusano del potere giudiziario piuttosto che di quello politico? E, se anche volessimo abbassare i toni, se glielo chiedessimo a bassa voce, Napolitano risponderebbe alla petizione che gli hanno inviato 700 cittadini lucani chiedendogli d'intervenire sulla incompatibilità ambientale e funzionale del Procuratore Generale Vincenzo Tufano e del Procuratore Capo Giuseppe Chieco? Non l'ha fatto per oltre un anno ed ha bisogno che si usino toni bassi per evitare che si sappia in giro. Ha bisogno che i manovratori di destra, centro e sinistra siano liberi di manovrare, ma questo non potrà mai accadere. Almeno finché ci saranno cittadini liberi di pensare, di parlare e di criticare. Anche Napolitano!


p.s. Un cittadino sconosciuto ha fatto pervenire questa versione commentata del VII Canto dell'Inferno. Dante Alighieri sapeva già tutto?

«Pape Satàn, pape Satàn aleppe!»,


cominciò Grillo con la voce chioccia;


e quel savio gentil, che tutto seppe,

Appena Grillo ebbe ascoltato il discorso del Presidente Napolitano, proruppe in un grido strozzato di cui nessuno conosce il vero significato. V'è il fondato sospetto che si tratti di espressioni tipiche dell'ideologia comunista. “quel savio gentil (Gianni Letta), che sapeva tutto,
disse per confortarmi: «Non ti noccia


la tua paura; ché, poder ch'elli abbia,


non ci torrà lo scender questa roccia».

mi rincuorò (disse Silvio che si era spaventato non poco all'orribile grido) dicendomi: “non aver paura, Grillo non ha nessun potere. Non ci toccherà scendere dalle poltrone su cui siamo seduti. La tua maggioranza è solida come la roccia”.

Poi si rivolse a quella 'nfiata labbia,


e disse: «Taci, maladetto lupo!


consuma dentro te con la tua rabbia.

Poi si rivolse al linguacciuto Grillo e disse: “Taci, maledetto seminatore di odio come Santoro, Travaglio e tutti gli altri comunisti disfattisti. Rodetevi dentro, non avete scampo”

Non è sanza cagion l'andare al cupo:


vuolsi ne l'alto, là dove Cicchitto


fé la vendetta del superbo strupo».


Continua Letta: “C'è un preciso motivo se li (Grillo e gli altri) costringiamo all'oblio. L'hanno deciso quelli “ne l'alto”, (chiaro riferimento alla loggia P2). Tant'è, Letta prosegue citando Cicchitto che è tra gli organizzatori della vendetta per l'affronto (superbo strupo) costituito dall'incarcerazione di Licio Gelli che solo recentemente è stato pienamente riabilitato e intervistato in video.

Quali dal vento le gonfiate vele


caggiono avvolte, poi che l'alber fiacca


tal cadde a terra la fiera crudele.
Come le vele gonfiate dal vento ricadono avvolte su se stesse appena l'albero si spezza, così cadde schiantato Grillo appena Napolitano smise di riempire di scontata retorica le orecchie degli Italiani

Così scendemmo ne la quarta lacca,


pigliando più de la dolente ripa


che 'l mal de l'universo tutto insacca.
Cessato il pericolo (Grillo, ndr), scendemmo nella zona in cui si concentra gran parte dei mali che affliggono l'Italia, ma non solo.

Ahi giustizia di Dio! tante chi stipa


nove travaglie e pene quant' io viddi?


e perché nostra colpa sì ne 'mpipa?
Silvio lo dice chiaro: “ahi giustizia”; il problema è la giustizia. Resta colpito dall'eccessivo numero dei procedimenti penali: “tante chi stipa”; e (quasi) si commuove di fronte ai travagli ed alle pene che rischia egli stesso. Tanto da prorompere in un grido interrogativo: “e perché, è colpa nostra se i giudici comunisti ci vogliono processare come se fossimo normali cittadini”? Aboliamo i processi, che ce ne 'mpipa? (Cosa ce ne importa?)

Come fa l'onda là sovra Catanza,


che si frange con quella in cui s'intoppa,


così convien che qui la gente riddi.
Come le onde del mare di Catanzaro si rompono sulle stesse onde di risacca, così i magistrati (di Catanzaro) vanno combattuti dagli stessi magistrati di Catanzaro. Il riferimento ricalca un concetto già espresso dal dr. Chiaravalloti (magistrato prestato alla politica affinché questa potesse prestarsi alla magistratura) che del Dr. Luigi de Magistris (PM a Catanzaro, appunto) diceva: “passerà la vita a difendersi”. La tecnica poi è stata estesa anche a giornalisti e cittadini che a vario titolo hanno tentato di esercitare i civici doveri di vigilanza, tutela istituzionale, diritto di critica e informazione. Silvio è perentorio: “conviene riderci sopra” (qui la gente riddi). (contento lui!)

Qui vid' i' gente più ch'altrove troppa,


e d'una parte e d'altra, con grand' urli,


voltando faldon' per forza di poppa.



La scena che si presenta a Catanzaro è terribile. Gli indagati sono decine: magistrati (Vincenzo Tufano – Proc. Gen. A Potenza; Giuseppe Chieco – Proc. Capo a Matera; Felicia Genovese – Sost. Proc. antimafia a Potenza; Annunziata Cazzetta – Sost. Proc.   Matera; Angelo Onorati – GUP a Matera; Vincenzo Autera – Giudice di Corte d'Appello a Potenza; Gaetano Bonomi – Sost. Proc. Gen. - Potenza), politici, generali dei Carabinieri, funzionari ministeriali. Effettivamente “gente più ch'altrove troppa”. E questi  eccellentissimi signori, per farla franca, si stracciano le vesti ed urlano al complotto mediatico mentre Capomolla (Pm titolare delle indagini) volta e rivolta i faldoni delle indagini fino a renderle incomprensibili a se stesso. L'operazione risulta talmente marchiana che potranno scamparla solo con una buona dose di fortuna (per forza di poppa; alias col fattore c...)

Percotëansi 'ncontro; e poscia pur lì si


rivolgea ciascun, voltando a retro,


gridando: «Per chi tieni? Di chi ti burli?».
Probabilmente la scena descritta allegoricamente si riferisce all'emiciclo parlamentare dove gli “eletti” fra scaramucce e spintoni si domandano l'un l'altro quale partito al momento rappresentano (per chi tieni?) o quale fetta dell'elettorato stanno prendendo per i fondelli (di chi ti burli?)

Così tornavan nello cerchio tetro


ad ogne mano a l'opposito punto,


gridandosi anche loro ontoso metro;



Con queste tecniche (frequenti cambi di casacca e sistematico inganno all'elettorato) tornavano in parlamento (lo cerchio tetro) ad ogni elezione (ad ogne mano) sistemandosi anche nello schieramento opposto rispetto al recente passato (opposito punto). Senza rinunciare alle grida di riprovazione di facciata per quanto accade nello stretto raggio di un solo metro.

poi si volgea ciascun, quand' era giunto,


per lo suo mezzo cerchio a l'altra giostra.


E io, ch'avea lo cor quasi compunto,
Ciascun parlamentare, appena approdato nello schieramento opposto dell'emiciclo (c'era chi passava da destra e sinistra e chi percorreva la strada inversa) si girava e cominciava il percorso politico opposto. Colpito da questa transumanza politica, Silvio sollecita il saggio Letta,

dissi: «Maestro mio, or mi dimostra 


che gente è questa, e se tutti fuor 
cherci


questi  inciuci a la sinistra nostra».
Dicendo: “Mi consenta, ma che razza di gente è questa? Tutti guardano con occhi di sinistra (tutti fuor cherci), si collocano nello schieramento di sinistra e poi vengono da noi a proporre inciuci che nemmeno il più sprovveduto paladino della destra avrebbe lo stomaco di articolare”? Qui Silvio sta certamente pensando alle recenti aperture di D'Alema e Bersani pronti a sostenere i peggiori inciuci pur di salvare i propri privilegi di casta e di censo.

Ed elli a me: «Tutti quanti fuor guerci


sì de la mente in la vita primaria,


che con misura nullo spendio ferci.
Gli rispose Gianni Letta: “Tutti stanno con la mente a sinistra o, perlomeno, all'origine (vita primaria) dell'attività politica si professavano “di sinistra”. Ma appena giunsero al potere, appena ebbero nelle mani i soldi pubblici, cominciarono a spendere in lungo ed in largo senza freni. (vedi privatizzazione della Telecom, acquisto della Telekom Serbia, privatizzazione di Autostrade, gara per le licenze UMTS, cessione ai privati dei diritti di sfruttamento del petrolio lucano...)

Assai la voce lor chiaro l'abbaia,


quando vegnono a' due punti del cerchio


dove colpa contraria li dispaia.



Continua Gianni Letta, spiegando che molte critiche (chiaro abbaia) sono state mosse solo a parole e questo corrisponde ad una concezione della gestione del potere tipica dei “compagni”. La “voce”, secondo molti commentatori, sarebbe quella di Di Pietro che da magistrato ed anche da politico condanna veementemente tali nefaste pratiche. Salvo poi, “a' due punti dal cerchio”, cadere nel vizio opposto. Pare che i “due punti” simboleggino lo sbarramento posto dalla Legge elettorale all'ingresso in Parlamento. Qui si vuole intendere che, a volte, l'acerrima critica è finalizzata solo a fini elettoralistici. Raggiunto il parlamento si sceglie di “convivere” con la gestione del potere e goderne dei benefici. La pubblicazione su Micromega del “modus operandi” del partito di Tonino Di Pietro, spiega bene questi passaggi.

Questi fuor cherci, che non han coperchio


piloso al capo, e papi e cardinali,


in cui usa avarizia il suo soperchio».



Letta continua arrivando ad indicare, seppur per via implicita, chi sono coloro che hanno tenuto solo per sé stessi (in cui usa avarizia il suo soperchio) i vantaggi della posizione politica ricoperta. Facilmente riconoscibili tra coloro “che non han coperchio piloso al capo”, Latorre, Minniti, Adduce... per citarne solo alcuni 

E io: «Maestro, tra questi cotali


dovre' io ben riconoscere alcuni


che furo immondi di cotesti mali».



Ribatte Silvio, sostenendo che tra quelle persone (usa il termine “cotali” ma si pensa trattarsi di licenza poetica. Dovrebbe significare “crotali”, cioè serpenti velenosi per indicare l'ambientino in cui ci si muove) dovrebbe riconoscerne più d'uno. Qui s'intravede velatamente che il poeta lascia intendere che anche Silvio non è un'educanda, facendogli ammettere implicitamente frequentazioni poco edificanti.

Ed elli a me: «Vano pensiero aduni:


la sconoscente vita che i fé sozzi,


ad ogne conoscenza or li fa bruni.



Ed il saggio Gianni, prudente consigliere, lo (Silvio) rimette subito in riga: “ma cosa ti viene in mente (vano pensiero aduni)? Loro hanno vissuto “sozzamente” senza che nessuno sapesse davvero quello che facevano (sconoscente vita) e tutto è filato liscio finché non ha disvelato la verità Bruni” (ad ogne conoscenza or li fa bruni). Si riferisce alle attività di un magistrato calabrese che, riprendendo alcune evidenze investigative dell'inchiesta Why Not (sottratta illecitamente a Luigi de Magistris, con il concorso di alcuni dei “pelati” di cui poco innanzi si parlava) ha rimesso in piedi un procedimento penale che coinvolge ambienti politici e di massoneria deviata di rilievo.

In etterno verranno a li due cozzi:


questi resurgeranno del sepulcro


col pugno chiuso, e questi coi crin mozzi.



Sarà sempre così, dice Gianni riprendendo l'alternativa duale spesso riproposta da Don Marcello Cozzi (li due cozzi): se non è chiaro quello che abbiamo davanti, occorre chiedersi cosa c'è dietro. Dalla tomba della politica per il vero bene comune, continueranno a riciclarsi vetero comunisti (col pugno chiuso) e neo liberal-progressisti (coi crin mozzi)

Mal dare e mal tener lo mondo pulcro


ha tolto loro, e posti a questa zuffa:


qual ella sia, parole non ci appulcro.



Lo sperpero del denaro pubblico (mal dare) e l'appropriazione indebita e l'illecito finanziamento dei partiti (mal tener) l'ordinamento giudiziario (lo mondo pulcro) ha tentato di combattere (ha tolto loro). Questo stato di cose ha provocato un parapiglia (questa zuffa) istituzionale. Magistrati cui vengono sottratte le indagini, ingerenza del CSM nei procedimenti giudiziari, approvazioni di Leggi incostituzionali (Lodo Alfano), minacce del capo del governo al Presidente della Repubblica, inciuci... Nel merito, il saggio Gianni, nulla chiarisce (non ci appulcro). Questa è la lezione principale che vuole impartire a Silvio: meglio non dire nulla e gestire dietro le quinte, piuttosto che straparlare e far conoscere alla gente comune “di che lagrime grondi e di che sangue”.

Or puoi, figliuol, veder la corta buffa


d'i ben che son commessi a la fortuna,


per che l'umana gente si rabuffa;

Continua Gianni che si rivolge affettuosamente a Silvio chiamandolo 'figliuolo': “vedi come è buffo il fatto d'avere per le mani tanti soldi e farsi trascinare in gazzarre";

ché tutto l'oro ch'è sotto la luna


e che già fu, di quest' anime stanche


non poterebbe farne posare una».



poiché, una volta che sei preso dal maglio della giustizia non c'è verso di poter rifiatare, nemmeno con tutto l'oro del mondo”. Gianni muove un rimprovero a Silvio la gestione del “caso Mills” in cui nonostante il pagamento di ingenti somme per corrompere il testimone (avv. Mills, appunto); il “figliuolo” si trova ancora a combattere fra giudici che lo vorrebbero processare, inaugurazioni di gallerie e viadotti e salvacondotti più o meno costituzionali.

«Maestro mio», diss' io, «or mi dì anche:


questa fortuna di che tu mi tocche,


che è, che i ben del mondo ha sì tra branche?»



Maestro mio”, l'esclamazione di Silvio è oggetto di diverse interpretazioni della critica più accorsata. Taluni sostengono che si possa collegare l'appellativo “maestro” alla presunta partecipazione di Silvio alla loggia massonica P2. I più, invece, ritengono che si tratti del semplice riconoscimento delle doti di saggezza di Gianni che Silvio aspira ad acquisire come umile discepolo. Silvio resta colpito dal rimprovero: “devo preoccuparmi anche per come ho utilizzato la fortuna (denaro) che mi è toccata?

E quelli a me: «Oh creature sciocche,


quanta ignoranza è quella che v'offende!


Or vo' che tu mia sentenza ne 'mbocche.

E Gianni, deciso precisa: “Sciocchino, possibile che ancora non ha capito? Vedrai quando arriverà la sentenza come corruttore di Mills, vedrai!

Colui lo cui saver tutto trascende,


fece li cieli e diè lor chi conduce


sì, ch'ogne parte ad ogne parte splende,


Colui che sa tutto (Marco Travaglio, giornalista) realizza una trasmissione televisiva (fece li cieli) e concorda i suoi interventi con il conduttore (lor chi conduce - Michele Santoro) che ha ormai una vasta eco di pubblico (ad ogne parte splende)

distribuendo igualmente la luce.


Similemente a li splendor mondani


ordinò general ministra e duce




facendo arrivare le notizie dappertutto (distribuendo igualmente la luce). Così (Travaglio) ha disposto (ordinò) che il gossip (li splendor mondani) circa il generale, la ministra ed il duce (si tratta di tre figure probabilmente individuabili nello stretto entourage di Silvio per trascorsi finanzieri, considerazioni telefoniche, recente passato politico)

che permutasse a tempo li ben vani


di gente in gente e d'uno in altro sangue,


oltre la difension d'i senni umani;
venisse svelato a tutti (di gente in gente) superando l'incredula diffidenza di chi ritiene assurdo (oltre la difension d'i senni umani) che un primo ministro si cacci in certe situazioni invereconde;

per ch'una gente impera e l'altra langue,


seguendo lo giudicio di costei,


che è occulto come in erba l'angue.


spiegando che qualcuno si comporta come se fosse padrone assoluto (ch'una gente impera) a scapito degli altri che soggiacciono ai soprusi (l'altra langue).
Seguendo i fatti raccontati (lo giudicio) in televisione (di costei) che non riusciamo a controllare (occulto come in erba l'angue),

Vostro saver non ha contasto a lei:


questa provede, giudica, e persegue


suo regno come il loro li altri dèi.
sulla quale (la televisione) i vostri metodi non sono efficaci (vostro saver non ha contasto a lei); finirà che la giustizia farà il suo corso: giudicherà, provvederà, perseguirà (questa provede, giudica, e persegue). E allora saranno dolori!
Le sue permutazion non hanno triegue:


necessità la fa esser veloce;


sì spesso vien chi vicenda consegue.

Le vicissitudini processuali, nonostante i tentativi di ricusazione dei magistrati (permutazion), non daranno tregua, e la necessità (il continuo incalzare i magistrati con minacce e proclami) li renderà veloci come spesso accade (sì spesso vien) per coloro che “se la cercano” (chi vicenda consegue).
Quest' è colei ch'è tanto posta in croce


pur da color che le dovrien dar lode,


dandole biasmo a torto e mala voce;




ma ella s'è beata e ciò non ode: 


con l'altre prime creature lieta volve


sua spera e beata si gode. 

Questa è la legalità democratica che è vituperata e offesa (tanto posta in croce) proprio da coloro (massime cariche dello Stato) che dovrebbero preservarla e difenderla (le dovrien dar lode), e invece le indirizzano biasimo e male parole (dandole biasmo e mala voce);


ma la giustizia fa finta di non sentire e prosegue lieve e decisa coltivando la speranza di procedere scevra da condizionamenti. Qui Gianni sembra alludere all'ineluttabilità dei procedimenti a carico di Silvio, nonostante le male parole e tutto il resto.

Toghe Lucane: i documenti smembrati della più delicata inchiesta della storia d'Italia


Molti parlano senza conoscere nulla di ciò su cui pontificano. Avrete certamente letto delle "inchieste flop" condotte dal Dr. Luigi De Magistris" oppure del "fallito De Magistris". Si tratta di termini sprezzanti per definire l'operato di un servo dello Stato che, se davvero avesse lavorato con tanta sciatteria meriterebbe ben altro che il seggio di parlamentare europeo su cui oggi siede. La verità è diversa, e lo è di molto.
Per giudicare il suo lavoro, forse il termine è un po' forte giacché noi cittadini comuni non abbiamo le conoscenze del caso e quindi diremo per farci un'idea del suo lavoro, è opportuno leggere qualcosa delle indagini svolte dal PM Luigi de Magistris e firmate da decine di collaboratori di polizia giudiziaria che hanno lavorato con lui e per lo Stato. Cominciamo con delle immagini, per tutti coloro che non hanno tempo per leggere: quelle dei cento e passa faldoni dell'inchiesta "Toghe Lucane" così come erano il 27 agosto 2008, prima che De Magistris fosse trasferito ad altro ufficio ed altro incarico. Oggi di questi faldoni non è possibile reperire nemmeno i contenitori. Sono stati "sfaldati", frantumati, spezzettati e riassemblati dal PM Vincenzo Capomolla "applicato" da Crotone a Catanzaro per la bisogna. Adesso l'inchiesta è suddivisa in mille rivoli ed in nessuno di essi si trovano "atti idonei a sostenere l'accusa in giudizio". Tranne che in uno stralcio che ha una storia ancora più allucinante e di cui si parla altrove.
Sfortunatamente per coloro che hanno inteso far "scomparire" una delle inchieste più complete e preoccupanti sul sistema di corruttela e sopruso che infesta l'Italia (ed il Mezzogiorno in particolare), qualcuno aveva avuto accesso (legittimamente) a quegli atti e ne ha conservato ampie documentazioni. Di seguito le fotografie dell'inchiesta, a brevissimo gli atti da leggere (qualcuno è già pubblicato e documenta come la preoccupazione di bloccare De Magistris, da parte di uno degli indagati (l'avv. Emilio Nicola Buccico, ex CSM), fosse già operante ben prima che l'inchiesta "Toghe Lucane" venisse resa nota al pubblico. Si veda la trascrizione del colloquio fra lo stesso Buccico e Giuseppe Galante (Procuratore Capo a Potenza).


p.s. Qualcuno dirà (come ha detto) che l'operato del Dr. De Magistris lo poteva giudicare solo il CSM (che lo ha fatto condannandolo "all'esilio" disciplinare). Non è vero. Potevano giudicarlo anche i magistrati di Salerno, i magistrati dell'ufficio GIP di Catanzaro, i magistrati del Tribunale del Riesame di Catanzaro, i magistrati della Suprema Corte di Cassazione. Tutti costoro lo hanno giudicato ritenendolo adeguato, opportuno e ineccepibile. Anzi, hanno specificato (Salerno) che esisteva una trama nemmeno tanto oscura, visto che se ne conoscono nomi, cognomi e attività, che operava (associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari) per delegittimare De Magistris e le sue inchieste. Ma di questo nessuno vi darà conto, perché è troppo imbarazzante per un sistema marcio che deve difendersi con ogni mezzo per non soccombere alla giustizia. Di tutto ciò pubblicheremo gli atti giudiziari (anche quelli scomparsi): SCRIPTA MANENT!