C'è un sostituto in Cassazione che ha risolto un conflitto di competenza fra la Procura di Matera e quella di Catanzaro stabilendo che il procedimento deve restare ai magistrati materani. Ha emesso un apposito decreto in cui cita (sbagliando ma azzeccando in pieno) un procedimento penale in cui i suoi “colleghi” materani sono indagati per aver commesso un cumulo di abusi reiterati ed aggravati dal falso ideologico ed il mendacio in udienza. Questo magistrato, tale Guglielmo Passacantando, è ancora al suo posto come se nulla fosse, come se gli fosse stato contestata la scelta dei gusti di un gelato e non la flagranza del favoreggiamento a vantaggio di quattro o cinque magistrati che continuano, mentre scriviamo, a perpetrare quegli abusi che sin dal 2008 la Procura di Salerno aveva individuato ed iscritto nel registro delle notizie di reato.
C'è un ex magistrato che, essendo parlamentare, ha chiesto ai suoi colleghi di non votare l'autorizzazione alla custodia cautelare in carcere perché egli si ritiene innocente. È una gravissima presa in giro. Egli sa bene che l'unico motivo valido per opporsi al suo arresto sarebbe stato l'accertamento di una persecuzione politica. Il Parlamento non ha alcuna competenza per giudicare di innocenza o colpevolezza, la materia compete ai magistrati. Gli stessi che ritengono sussistere i requisiti per l'arresto. Alfonso Papa è stato arrestato, perché la Camera dei Deputati ha ritenuto che non vi fosse persecuzione politica all'origine della richiesta di arresto.
C'è un senatore che da trent'anni è nominato nelle inchieste giudiziarie che si occupano di corruttele nella sanità pugliese. Le prime notizie su Alberto Tedesco, percettore e collettore di tangenti, le fornì Francesco Cavallari al pool capeggiato da Alberto Maritati. Tedesco non venne nemmeno interrogato sulla questione. Sempre Alberto Maritati, scoprì che Massimo D'Alema era stato destinatario di almeno una dazione di denaro, ma non riuscì a perseguirlo prima che scattasse la prescrizione e, subito dopo entrò in politica. D'alema lo nominò sottosegretario ed oggi è ancora senatore, compagno di partito di Alberto Tedesco. Ci sono uomini che nascono con la camicia e Tedesco ne deve avere più d'una. Appena si seppe che era indagato, il partito lo elesse senatore e la richiesta d'arresto si bloccò davanti all'immunità. Martedì si è votato anche per l'autorizzazione all'arresto di Alberto Tedesco. A differenza di Alfonso Papa, Tedesco ha chiesto di votare concedendo l'autorizzazione e così ha dichiarato l'apparato del PD. Chiacchiere, tutte chiacchiere. Dall'urna è uscito un voto contrario. Alberto Tedesco continua a fare il senatore, continua a girare a piede libero e, chissà, magari andrà a visitare Alfonso Papa in carcere. Se non ci avesse presi in giro tutti, si sarebbe dimesso da senatore. Ma uno che l'ha fatta franca per trent'anni, uno che vanta fra i numi tutelari personaggi del calibro di Maritati e D'Alema, lo fate davvero così fesso?
C'è un avvocato che trent'anni fa organizzò una vasta campagna di delegittimazione del capitano dei carabinieri Salvino Paternò. Una raffica di querele bloccarono l'ufficiale costretto a difendersi nei tribunali militari ed ordinari. Poi si accertò che si trattava di querele false e calunniose. Gli stessi querelanti ammisero di aver firmato quello che veniva loro proposto da una ristrettissima cerchia di avvocati, tutti legati al nostro “dominus”. Paternò era già lontano, quando fu assolto. Per i calunniatori e gli istigatori nemmeno un interrogatorio, nulla. C'è un avvocato che venne denunciato con altri avvocati, magistrati e professionisti per una sequela di reati che spaziavano dallo spaccio di droga allo sfruttamento della prostituzione. Per molti di loro sorsero procedimenti penali che, con diverse motivazioni, sono stati definiti con provvedimenti di archiviazione. Ma il “dominus” non venne mai iscritto fra gli indagati. C'è un avvocato che oggi come allora, organizza campagne diffamatorie utilizzando ignari querelanti e magistrati accondiscendenti, con la finalità di impedire l'espressione delle opinioni ed il racconto dei fatti di pubblico interesse a lui sgraditi. Oggi come allora, si utilizzano metodi che a mente serena rientrerebbero nella metodologia mafiosa. Ma sereni i magistrati non sono, tanto da mentire spudoratamente persino durante le udienze e abusare palesemente dei propri uffici.
C'è un'Italia che non è nelle condizioni di sopportare ulteriormente il giogo dell'abuso e del sopruso, che ha gli uomini ed i mezzi per tornare a primeggiare nell'economia come nelle scienze. Un'Italia dove una casta incartapecorita è insopportabile a prescindere dal distintivo che esibisce sul bavero della giacca. Un'Italia in cui la Legge deve tornare ad essere uguale per tutti ed i magistrati devono tornare ad essere soggetti (solo) alla Legge. Dove un giovane deve poter competere fidando sulle proprie qualità e su quanto sa fare di buono professionalmente. C'è un'Italia diversa da quella che traspare dai parlamentari pronti a sostenere che Ruby Rubacuori è la nipote di Hosni Mubarak. Diversa da quella dove un pluripetente diventa consigliere regionale della regione locomotiva nazionale. C'è un'Italia che ha la fantasia, la tenacia, la forza, la bellezza, le risorse, la cultura per diventare il cuore pulsante dell'Europa.
Ci sono gli Italiani. Quelli che ancora leggono più di un giornale e non cercano scorciatoie. Quelli che non comprano i grattini e lavorano 12 ore al giorno. Che vivono, se sono fortunati, con un solo stipendio e non siedono in venti consigli di amministrazione, collegi sindacali o fondazioni miliardarie. Gli Italiani che non sono invidiosi di Berlusconi e provano pietà per i suoi vizi. Gli Italiani che non gradiscono le ovvietà di Napolitano e guardano con preoccupazione l'attivismo istituzionale di quel politico che c'ha messo cinquant'anni per capire che la Primavera di Praga era una cosa buona ed il comunismo una dittatura (ammesso che l'abbia capito davvero). Ci sono gli Italiani che faranno l'Italia, gli unici in grado di risollevarla. Purché ne abbiano coscienza e voglia e tempo e coraggio. Il tempo non è poi tanto! (dal settimanale “Buongiorno” del 23 lulgio 2011)
di Nicola Piccenna