sabato 18 aprile 2015

Io chiedo conto

Non è successo niente (di Rosario Gigliotti)
15 aprile 2015 alle ore 21.55
L’altro giorno ero anch’io in aula a testimoniare nel processo a don Marcello Cozzi, accusato di diffamazione nei confronti del dott. Cannizzaro e della dott.ssa Genovese.
Felicia Genovese

E anch’io, come Gildo, ho detto che accostare i “fatti inquietanti” che avevano riguardato nel passato il dott. Cannizzaro alla vicenda di Elisa Claps, di cui si era occupata in qualità di pm sua moglie, la dott.ssa Felicia Genovese, era un’insostenibile forzatura. Che davanti a quella chiesa il 12 settembre 2010, il primo anniversario della scomparsa (e della morte) di Elisa dopo il ritrovamento del suo corpo, avremmo dovuto solo tacere. E ho visto il dott. Cannizzaro commuoversi per questo atto di pacificazione….
…. Questo forse avrei dovuto dire, questo forse avrebbero gradito i miei 5500 concittadini che avrebbero voluto il dott. Cannizzaro come sindaco della città. E chissà quanti altri. Ma Gildo non lo ha detto. Io non l’ho detto. Perché mi sono ricordato, e ho ricordato, le parole di De André con cui quasi 10.000 giovani potentini accompagnarono la grande manifestazione all’indomani del ritrovamento di Elisa: “anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti”.
Marcello Cozzi

E mi sono ricordato dei volti dei familiari delle vittime delle mafie (e dei silenzi) con cui abbiamo camminato lungo le strade di Potenza il 19 marzo 2011, molti dei quali ancora in cerca di verità e giustizia.
Quello stesso giorno giungeva la notizia dell’archiviazione dell’inchiesta Toghe Lucane. Ancora una volta, come sempre, per dire: “non è successo niente”.
Ed oggi, come allora, se la verità non arriva, se gli omicidi sono morti accidentali, se i veleni di ogni genere si spandono nella terra fertile e comprano o uccidono corpi e menti, abbiamo un modo per rimanere in pace: dire ad alta voce “non è successo niente”.
Cari amici, questa volta “mi piace” è per dire che, invece, qualcosa è successo e che noi chiediamo conto.
Io come allora chiedo conto. E lo faccio riprendendo, e confermando parola per parola, ciò che scrissi all’indomani dell’archiviazione di Toghe Lucane. Sono le domande a cui il mio amico Giulio Laurenzi ha prestato il suo tratto di artista.
Vincenzo Tufano

Sono domande purtroppo ancora attuali, perché fino a quando la luce non arriverà dove le ombre corrompono le menti e minano la fiducia nelle istituzioni dovremo continuare a chiedere verità e giustizia… o dirci e dire che non è successo niente. Perché in quel “voi che vi credete assolti" non ci sono solo la dott.ssa Genovese o il dott. Cannizzaro, ma ci siamo tutti noi, che dobbiamo scegliere da che parte stare.

Felicia Genovese. Ha svolto la funzione di pm presso la Direzione distrettuale antimafia di Potenza. Attualmente megistrato in servizio presso il Tribunale di Roma. Attualmente magistrato in servizio presso il Tribunale di Roma. Si è occupata del caso di Elisa Claps. Vincenzo Tufano. E' stato procuratore generale presso la corte d'Appello di Potenza. Emilio Nicola Buccico. E' stato sindaco di Matera, senatore della Repubblica e membro laico del CSM.
Emilio Nicola Buccico

[…] E allora, ormai lontani dalle aule dei tribunali e dalle ordinanze che allontanano inequivocabilmente ogni ipotesi di responsabilità penale da tutti gli indagati, io chiedo conto.
Chiedo conto alla dottoressa Felicia Genovese degli atti elementari che non ha compiuto, attraverso i quali si sarebbero evitati quasi 18 anni di sofferenze alla famiglia di Elisa Claps.
Chiedo conto al dottor Tufano di non aver assunto alcuna iniziativa istituzionale nei confronti della dottoressa Genovese, pm della direzione distrettuale antimafia, per verificarne la compatibilità di sede e di funzione, neanche quando divennero di dominio pubblico fatti inquietanti, a prescindere dalla loro rilevanza penale: suo marito, Michele Cannizzaro, si trovava a casa delle vittime il giorno prima dell’omicidio, di chiaro stampo mafioso, dei coniugi Gianfredi, sul quale la stessa Genovese aveva indagato per sei mesi senza astenersi; il dott. Cannizzaro era iscritto alla massoneria ed aveva avuto ‘contatti telefonici’ con esponenti della ‘ndrangheta; in passato persone legate alla criminalità organizzata calabrese erano state viste dai carabinieri a casa sua, in Calabria, durante un ‘lauto pasto’; tutti fatti sui quali l’Autorità Giudiziaria di Salerno ha disposto l’archiviazione.
Chiedo conto all’avvocato Labriola del trattamento riservato ai genitori di Luca Orioli, facendo pagar loro anche il tempo delle domande disperate di un papà e di una mamma a cui era stato strappato un figlio.
Chiedo conto a quei personaggi che si incontrano nell’ombra come in un film, insieme, ci raccontano, per delle battute di caccia. Me li immagino, tronfi e rossicci, al sole e al vento del sud, quella  meravigliosa costa ionica su cui progettavano la loro piccola Venezia. Loro, padroni della terra, dei fiumi, del mare e delle persone.
Io so, ma non ho le prove, diceva Pasolini, con il coraggio e l’intelligenza di un uomo libero. Ed oggi che le 509 pagine di Toghe Lucane sono solo, per alcuni, atti di una storia da dimenticare, posso dire anch’io: io so, ma non ho le prove…

p.s. In verità, al testo di Rosario Gigliotti, io personalmente avrei da aggiungere solo una conclusione diversa: "Io so ed ho le prove. E queste prove le ho fornite in centinaia di esposti, denunce e querele formali presentate alle Procure della Repubblica, alle Procure Generali presso le Corti d'Appello, alla Procura Generale presso la Suprema Corte di Cassazione, al Ministro della Giustizia, al Consiglio Superiore della Magistratura. Anche di questo io chiedo conto, del silenzio e della neghittosità che ha consentito ad un manipolo di magistrati, qualche avvocato ed alcuni funzionari di Polizia Giudiziaria di perseguitare impunemente la libertà di stampa e d'informazione  provocando sofferenze e terribili offese... senza peraltro riuscire a spegnerla

mercoledì 15 aprile 2015

La strada senza ombrello

La strada senza ombrello
E' appena conclusa la discussione in un processo del Tribunale di...... e fra poche ore ne conosceremo la sentenza.
L'udienza era pubblica e quindi ciò che è accaduto si può (e si deve) conoscere ed è importante che si conosca prima della formulazione della sentenza; cosicché non si possa dire che chi scrive lo fa per infierire su alcuni o per dolersi di altri.
Raffaele Cantone - Commissario autorità anticorruzione

I fatti.
Il PM di udienza ha spiegato che la Procura, per questa indagine, aveva chiesto l'archiviazione, mentre il Giudice delle Indagini Preliminari aveva disposto la formulazione coatta delle imputazioni ritenendo che il vaglio del Tribunale fosse opportuno.
Decisione non condivisa dal PM che anche oggi, in udienza, ha ribadito il suo convincimento. Poi, per circa due ore, il PM ha raccontato dei giudizi personali che aveva sull'avvocato di parte civile e sulla improprietà della querela da questi presentata e del luogo di presentazione (a dire del PM, sbagliato). Infine, con dovizia di particolari, ha spiegato al Tribunale che nessuno degli imputati era responsabile di alcunché, chiedendone l'assoluzione. Abbiamo appreso che realizzare una strada con uno “stabilizzato” di 15 centimetri invece che di trenta non è reato, poiché l'impresa appaltatrice si è fatta pagare solo i 15 centimetri effettivamente messi in opera.
Abbiamo appreso che quella strada, completamente crollata (in massima parte durante una delle udienze del processo, sic!), era destinata a crollare e non già perché lo stabilizzato era la metà del previsto, bensì perché non dotata di coperture quindi soggetta alle intemperie. Addirittura, realizzata in una zona soggetta a frane (forse per questo era previsto uno “stabilizzato” di 30 centimetri?). Sarebbe utile che qualcuno chiedesse al PM quali sono le strade dotate di copertura, giacché chi scrive non ne conosce.
Abbiamo appreso che i funzionari della commissione aggiudicatrice, dopo l'aggiudicazione provvisoria, avevano riaperto la gara chiedendo chiarimenti alla ditta vincitrice per poi assegnare l'appalto ad altra azienda (quella dei 15 centimetri al posto dei 30), hanno agito nell'interesse pubblico. Infatti hanno evitato che un consistente finanziamento europeo venisse restituito alle casse d'Europa perché non impiegato. Fortunatamente, l'hanno buttato in una strada franata e questo, all'interesse pubblico, giova alquanto.
Abbiamo appreso che il capo di imputazione, scritto dal PM oggi in udienza, contiene riferimenti a norme errate che la Procura non ha inteso emendare nonostante ciò fosse segnalato formalmente.
Ha detto uno degli avvocati che delle eventuali contestazioni non presenti nel capo di imputazione parzialmente formulato dalla Procura, non possono essere oggetto di giudizio e tantomeno di condanna.
Infine, il PM, nella sua requisitoria, ha più volte citato le tesi difensive di uno degli avvocati degli imputati dicendo testualmente: "ma questo ve lo spiegherà meglio l'avvocato...". Proprio come fanno gli avvocati tra loro, quando appartengono al medesimo collegio di difesa.
Altro non è opportuno aggiungere oggi ma, dopo la sentenza sarà utile ascoltare la requisitoria del PM per farsi un'idea di come funziona l'amministrazione della Giustizia nell'Italia del 15 aprile 2015.
Della strada costata complessivamente diversi milioni di euro non c'è più nessuna traccia!

Viva l'Italia