giovedì 6 dicembre 2012

Il silenzio delle Università sull'abuso della Corte Costituzionale

“Quando nelle Università i docenti tacquero sulle leggi razziali, si ebbe la certezza che gravi lutti sarebbe costato il ripristino della democrazia”!
C'è da meravigliarsi che il sale sia salato? Ed allora, perché tanta meraviglia che la Consulta si sia inventata una Legge per coprire le telefonate tra l'imputato Nicola Mancino ed il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano?
Sono alcuni anni, caro Direttore, che assistiamo a questi ed anche a più gravi accadimenti in materia di applicazione delle Leggi e di rispetto del principio costituzionale dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla Legge. Tanto nei casi in cui i cittadini siano oggetto di indagine, quanto in quelli in cui indossino le opposte vesti di danneggiati da reati di cui sono o si ritengono vittima.
Il sale, in tutti questi anni, ha coinciso sempre con un principio non enunciabile quanto ineludibile: sul rispetto della Legge, anche quella Costituzionale, prevale la decisione delle corporazioni con ciò significando raggruppamenti a volte esplicitamente istituzionalizzati: ANM, CSM, Ordini Forensi; altre volte semplicemente dichiarati: l'area cattolica, gli onesti, quelli dei valori; il più delle volte solo intuibili perché confinati astutamente nel biasimato girone del complottismo. Come quel giovane maiale in un allevamento intensivo del modenese che, approssimandosi la stagione fredda, ebbe a confidare al suo vicino di mangiatoia: “sai, mi hanno detto che siamo tutti destinati al macello. Infatti ho notato che l'età media coincide con la nostra età, nessuno di noi ha genitori in vita ed il cimitero dei maiali è vuoto”. L'altro, grufolando nel mangime appena rinnovato e senza smettere d'ingozzarsi, gli rispose biascicando: “Non dar retta a nessuno, quelli sono i soliti complottisti. Ti pare che se volessero ammazzarci ci darebbero da mangiare cinque volte al giorno”?
Quello che è più grave, poi, è che il mondo accademico, gli studiosi del diritto non facciano sentire la loro voce. Loro, non sono gli indagati ovvero gli imputati portatori di un interesse personale da tutelare a pena di gravi rischi. Loro, non sono i rappresentanti delle istituzioni di nomina politica o presidenziale, chiamati a rendere conto al nominante di prebende e carriere magari immeritate o semplicemente accelerate. Loro, non sono coloro che avendo qualcosa di cui vergognarsi per cui soggiacere a ricatti o minaccia di ricatto, giustificano alla propria coscienza una penna svogliata o una atrofia cerebrale. Loro, in massima parte almeno, sono gli uomini di scienza, di quella scienza che si dichiara essere libera e protesa al vero. Nel caso specifico sono gli uomini della scienza giuridica e giurisdizionale che dovrebbero difendere, testimoniare e sviluppare. Se tacciono cotanti scienziati, oltre agli avvocati, ai magistrati ed ai professionisti della materia, c'è da temere il peggio poiché è lecito domandarsi quali allievi si formeranno da simili maestri. Quale spirito potranno mai trasmettere e quale insegnamento!
Abbiamo assistito ad atti giudiziari illegittimi ed illegali oltre ogni minimo livello di decenza giuridica e istituzionale. Su tutti ha taciuto il Presidente e, quando non ha taciuto avrebbe fatto meglio a tacere. Alcuni magistrati di Catanzaro, indagati e soggetti a perquisizione personale, disponevano con atto a propria firma il sequestro di quanto era stato loro sequestrato.
Alcuni magistrati di Matera, sistematicamente, registravano le conversazioni del magistrato di Catanzaro che indagava su di loro, arrivando persino a disporre accertamenti di polizia giudiziaria sulle telefonate in entrata ed in uscita dalla stanza d'albergo che quel magistrato utilizzò in occasione delle perquisizioni a carico dei vertici della Procura e del Tribunale di Matera. Un magistrato di Catanzaro ha smantellato i faldoni di un'inchiesta dopo che era stato depositato l'atto di chiusura delle indagini, trasformando anni di lavoro sistematico che vedeva indagati e prossimi al rinvio a giudizio alti magistrati, politici, massoni e membri delle forze dell'ordine in una poltiglia informe degna della archiviazione. Abbiamo assistito alla stagione delle Leggi e dei Decreti ad Personam, alcuni persino firmati dal Quirinale. Cosa c'è da meravigliarsi che il Presidente pretenda ed ottenga la distruzione delle conversazioni tra lui e un indagato nel processo sui presunti accordi fra Stato e Mafia?
Anche persone di medio intelletto come chi scrive, comprendono la grave assurdità di questi atti e delle connesse decisioni. Forse esiste una “ragion di Stato” che a noi sfugge? Una giustificazione che spinge i Supremi custodi della Costituzione a violarla? Ma chi ha dato loro il potere di porsi al di sopra della Costituzione e chi l'ha data al Presidente della Repubblica?
Quello che sembra non comprendere la gente comune e nemmeno quella meno comune è che il pronunciamento della Consulta conferisce un potere enorme e incontrollato al Pubblico Ministero, quello di distruggere a sua esclusiva discrezione atti d'indagine. Immaginiamo che un terrorista internazionale telefoni al Presidente della Repubblica (fra cent'anni) ed i due si accordino per collocare una bomba sotto la poltrona del Presidente del Consiglio. Immaginiamo che quel terrorista sia intercettato e che la telefonata finisca dal PM. Immaginiamo che si tratti di un PM pazzo, aderente ad una organizzazione segreta ostile al Presidente del Consiglio. Secondo il parere della Consulta, pronunciato cent'anni prima, il PM pazzo distruggerà il nastro o, quantomeno dichiarerà di averlo distrutto (perché abbiamo detto che è pazzo e non che è fesso!). Poi, dopo che la bomba avrà fatto quello per cui è stata posizionata, quel PM andrà dal Presidente e dirà: “Stimato Presidente, Le consiglio di darmi l'incarico di formare il Governo e di spiegare ai partiti che occorre un governo tecnico, altrimenti quel nastro...”. È solo fantascienza, naturalmente. Ma la Consulta la rende una eventualità possibile concretamente con tutte le migliaia di varianti che si possono immaginare e... temere.
Nicola Piccenna
 

lunedì 26 novembre 2012

Luca e Marirosa: la Procura di Matera si arrende


Un'inchiesta impossibile? Il PM Rosanna Maria Defraia getta la spugna e chiede l'ennesima archiviazione

“Il sottoscritto P.M. in data 09.04.2010 avanzava richiesta di archiviazione del presente procedimento, sostenendo che, come già evidenziato dal G.l.P. dott. Oliveri del Castillo nel 1998, le lacune iniziali nelle indagini in ordine al decesso di Luca Orioli e Marirosa ..Andreotta, e, in particolare, la mancata effettuazione nell'immediatezza dei fatti dell'esame autoptico, avevano irrimediabilmente minato la possibilità di stabilire con assoluta certezza la causa della morte dei due giovani; si evidenziava inoltre che neppure le nuove indagini espletate avevano fornito elementi di novità in proposito. Riportandosi all'esito degli accertamenti effettuati dall'U.A.C.V. del Servizio di Polizia Scientifica della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato di Roma, tuttavia, si concludeva nel senso che l'ipotesi più verosimile in ordine alla causa del decesso di Luca ORIOLI e Marirosa ANDREOTTA fosse quella secondo cui i due giovani erano deceduti accidentalmente per avvelenamento da monossido di carbonio... Detti accertamenti, eseguiti con la forma degli accertamenti irripetibili e, quindi, con la partecipazione dei consulenti di parte, non hanno sortito però alcun esito, presumibilmente a causa delle pessime condizioni di quanto analizzato. Deve pertanto concludersi per l'infondatezza della notizia di reato”.
In venti pagine, il PM titolare delle indagini relative alla morte di Luca Orioli e Marirosa Andreotta, getta la spugna e si arrende. L'aveva già fatto due anni e mezzo fa, ma il Giudice delle Indagini Preliminari non aveva accolto la richiesta di archiviazione e per altri due anni si è indagato. Infruttuosamente, dice oggi Rosanna Maria Defraia e prova di nuovo a togliersi di dosso quell'inchiesta che non aveva gradito sin dai primi giorni in cui le era stata affidata e il 16 novembre 2012, dopo il tentativo non riuscito del 10 aprile 2010, ci riprova.
Un magistrato è libero di farsi un'opinione su quanto deve indagare o giudicare, ci mancherebbe, ma non può partire su un'indagine così delicata preconizzando la sua definizione o, per dirla chiaramente, la sua inutilità. Con quale spirito ha indagato Defraia in questi anni? Di una cosa, però, quel magistrato è certo e lo scrive chiaramente: “la mancata effettuazione nell'immediatezza dei fatti dell'esame autoptico, avevano irrimediabilmente minato la possibilità di stabilire con assoluta certezza la causa della morte dei due giovani”. La cosa è certamente vera ed è persino noto il nome del magistrato che quell'esame autoptico avrebbe dovuto disporlo. Quali conseguenze avranno le affermazioni della D.ssa Defraia? Potranno essere strumento per chiamare in causa (ed in giudizio) quel magistrato che lei conosce benissimo e di cui si guarda bene dall'indicare nome e cognome? Lo dobbiamo fare noi, D.ssa Defraia? Lo deve fare quella sparuta pattuglia di giornalisti che in questi anni ha tenuto alto il livello di informazione e di vigilanza sulle vicende giudiziarie lucane?
Scrive Defraia che “l'ipotesi più verosimile in ordine alla causa del decesso di Luca ORIOLI e Marirosa ANDREOTTA fosse quella secondo cui i due giovani erano deceduti accidentalmente per avvelenamento da monossido di carbonio”. Avrebbe potuto scrivere che la causa di morte resta ignota, avrebbe potuto scrivere che il perito della Procura ha ritenuto che la causa è l'ossido di carbonio. Ma non può dire che è la più verosimile: in primo luogo per rispetto ai fatti così come sono noti, in secondo luogo per rispetto alla lingua italiana. Due ragazzi in un bagno con caldaia a gas, riempiono la vasca e chiudono l'acqua, poi svengono contemporaneamente con la porta semi aperta, lei nella vasca con una ferita alla nuca a forma di L di 7,5 x 5 cm, lui per terra disteso supino con un testicolo tumefatto ed un asciugamani perfettamente disteso sotto la schiena, con le labbra semiaperte e circondate da una schiuma bianca. Verosimile, dice Rosanna, verosimile. È verosimile ferirsi alla nuca urtando il rubinetto della vasca da bagno mentre si cade stando all'interno della vasca? È verosimile svenire avendo cura di sistemarsi l'asciugamani su cui distendersi? È verosimile trovare in corrispondenza della ferita alla nuca di Marirosa, all'interno del collo, un corpo metallico del diametro di 4-5 millimetri tondeggiante che viene distrutto dal perito della Procura senza interpellare nessuna delle parti? È verosimile che non esistano i negativi delle foto scattate sulla scena del delitto? È verosimile che il cemento con cui era attaccata la lapide di Marirosa sia molto più recente del cemento con cui era attaccata la lapide di Luca? No, D.ssa Defraia, non è verosimile, nulla di questa vicenda è verosimile

domenica 29 luglio 2012

Quello che ci riempie d'orgoglio

Non avevamo accesso telefonico al Quirinale e nemmeno l'abbiamo cercato, tanto è il rispetto per l'istituzione della Presidenza della Repubblica. Infatti nei sette mesi d'intercettazioni ininterrotte, nessuna telefonata con la Presidenza della Repubblica è finita nelle registrazioni di Annunziata Cazzetta autorizzate da Angelo Onorati. Abbiamo più volte scritto raccomandate al Presidente Giorgio Napolitano il quale, per il tramite di un suo qualche collaboratore, ci ha sempre risposto che il Presidente non può occuparsi di vicende che competono alle Procure della Repubblica. Eppure, alle Procure, noi non chiediamo altro che impedire ad Annunziata Cazzetta (e quanti con lei suggeritori, complici e favoreggiatori) di tenere illecitamente procedimenti penali in cui è portatrice d'interessi personali. Ma per queste richieste di semplici cittadini non vi sono coordinamenti da sollecitare, magistrati da richiamare, incontri da auspicare. Noi siamo normali cittadini, Mancino è qualcosa di diverso. La cosa, invece di suscitare rabbia, ci riempie d'orgoglio.
Tutto nasce da 13 querele dell'avv. Emilio Nicola Buccico relative a tutti gli articoli pubblicati dal settimanale “Il Resto” in cui quel cittadino, avvocato, membro del CSM, Senatore e infine sindaco, veniva menzionato dal giugno 2006 al maggio/giugno 2007.
Cinquantadue articoli, per nessuno dei quali, il PM Annunziata Cazzetta ha contestato fatti diffamatori specifici, solo imprecisate e generiche falsità diffamatorie. Nel prossimo settembre, è prevista la pubblicazione di un libro che riporta tutti gli articoli e tutte le querele con un titolo che è anche una sfida: “Trovate notizie false?” ed un sottotitolo ancora più esplicito: “Emilio Nicola Buccico, il più grande _ _ _ _ _ _ _ _ dell'universo: riempi tu le caselle”.
Ovviamente, ogni articolo riporta solo e soltanto fatti veri, documentalmente provati e di interesse pubblico. Indicativo dell'equilibrio e della serenità del PM (Annunziata Cazzetta) titolare di quell'inchiesta quanto si legge nella richiesta di rinvio a giudizio per il capo d'imputazione formulato contestando a Piccenna Nicola la tentata violenza privata in danno di Buccico: <
Per sette mesi e mezzo, la Procura di Matera ha intercettato le utenze telefoniche di Nicola Piccenna con il dichiarato scopo (così è scritto nelle autorizzazioni alle intercettazioni che si susseguono ogni 15 giorni da maggio 2007 a dicembre dello stesso anno) di individuare "le fonti" delle notizie che pubblicate. Ma se le notizie erano false (come sostiene il PM), che senso aveva cercarne le fonti?
Quando il PM chiede le intercettazioni che il Gip (Angelo Onorati) autorizza, gli articoli per qui vi era stata querela erano già stati pubblicati: cosa cercavano il PM ed il Gip di pertinente con la presunta diffamazione a mezzo stampa? Quali accertamenti avevano effettuato per riscontrare l'effettiva pubblicazione di notizie false, unico presupposto indispensabile per la permanenza della presunzione di colpa? Nessuno, così scrive il magistrato salernitano Gabriella Nuzzi fra le motivazioni con cui iscrive Annunziata Cazzetta, Angelo Onorati e molti altri nel registro degli indagati. Poi occorrono 5 anni prima che una sentenza del Gup di Matera stabilisca che Annunziata Cazzetta non era legittimata a tenere quell'inchiesta, che “doveva” rilevare la propria incompetenza, che “doveva” trasmettere gli atti alla Procura di Catanzaro. Il tutto prima di chiedere per 7 mesi cinsecutivi le intercettazioni di tutte le utenze telefoniche, prima di chiedere le perquisizioni domiciliari per cinque giornalisti ed un capitano dei carabinieri. Tutti atti illegittimamente richiesti da Annunziata Cazzetta e autorizzati dal Gip Angelo Onorati. Quest'ultimo magistrato, ebbe poi a presiedere il tribunale del riesame che ritenne gli atti da lui stesso firmati, legittimi. Oggi sappiamo che non lo erano, ma Cazzetta e Onorati continuano a fare i magistrati e continuano a esercitare a Matera, teatro dello loro illegittime (come sostiene il Gup di Matera) gesta.
Quello stesso PM, Annunziata Cazzetta, nel novembre 2008, invitato durante un'udienza ad astenersi per l'incompatibilità dovuta alla grave inimicizia conseguente alle sue querele contro Piccenna, ebbe la sfrontatezza di dichiarare di non aver mai sporto querela, mentendo e confermando il dolo nel mantenere il controllo dei procedimenti penali in cui era portatore di un interesse personale.
Di tanto esiste documentazione audio e verbale di udienza prodotti in ripetute querele contro quel PM ma che a nulla sono serviti poiché i procedimenti penali avviati sono stati archiviati su richiesta della Procura di Catanzaro accolta dal Gip di quel Tribunale.
Adesso, dopo la sentenza del Gup di Matera, si attende la riapertura di quei procedimenti e, ancora con maggior determinazione, l'individuazione delle responsabilità per quei magistrati che sapevano ed hanno ignorato, che potevano impedire il protrarsi della condotta criminosa di Annunziata Cazzetta e non l'hanno fatto, che erano stati chiamati ad interrompere un reato in atto ed haano fatto finta di non vedere e non capire.
I guai che hanno causato questi 6 anni di indagini e procedimenti penali illecitamente tenuti da Annunziata Cazzetta (quelli definiti sono tutti di proscioglimento o assoluzione con formula piena) sono molteplici. Primo fra tutti la quasi totale scomparsa delle fonti, in alcuni casi oggetto di minacce subito dopo aver parlato telefonicamente con Piccenna, circostanza denunciata e accertata dai Carabinieri ma insabbiata al pari di tutto il resto.
Quando è iniziata questa storia di (vero) giornalismo d'inchiesta, si è potuto leggere degli “amori, l'armi e le gesta” di: Attilio Caruso (Presidente della Banca Popolare del Materano); Giampiero Maruggi (Direttore della stessa banca); Giuseppe Chieco (Procuratore Capo di Matera); Annunziata Cazzetta (Sost. Proc. di Matera); Rosanna Defraia (sost. Proc. di Matera); Valeria Farina Valaori (Sost. Proc. di Matera); Angelo Onorati (Giudice a Matera); Iside Granese (Presidente del Tribunale di Matera); Giuseppe Galante (Proc. Capo a Potenza); Felicia Genovese (Sost. Proc. antimafia di Potenza); Vincenzo Tufano (Proc. Gen. a Potenza); Gaetano Bonomi (Sost. Proc. Gen. a Potenza); Modestino Roca (Sost. Proc. Gen. a Potenza); Vincenzo Iannelli (Proc. Gen. a Catanzaro); Dolcino Favi (avvocato della Procura Generale a Catanzaro); Vincenzo Capomolla (sost. Proc. comandato a Catanzaro); Alfredo Garbati (Sost. Proc. a Catanzaro); Salvatore Murone (Proc. Aggiunto a Catanzaro); Salvatore Curcio (sost. proc. a Catanzaro); Paolo Petrolo (Sost. Proc. a Catanzaro); Gerardo Dominijanni (Sost. Proc. a Catanzaro); Rocco Alfano (sost. Proc. a Salerno) e diversi altri ministri, senatori, deputati e presidenti.
Gran parte dei magistrati sono oggi sotto processo o con richieste di rinvio a giudizio pendenti. Dei restanti (pochi), quelli in servizio hanno procedimenti penali pendenti, altri sono andati via dalla magistratura prima che si definissero i procedimenti a loro carico.
Solo Salvatrore Curcio, per motivi a me sconosciuti, è rimasto indenne da indagini e provvedimenti.
Questo breve riassunto di atti e fatti che ben si possono leggere sul blog (www.toghelucane.blogspot.com), non per piangerci addosso, come fanno molti italiani e tanti colleghi giornalisti, al contrario. Questa storia dimostra che gli abusi (tanti) di cui i magistrati si rendono protagonisti, restano impuniti solo se i cittadini lo consentono e, fra i cittadini, i giornalisti in particolare. Diversamente, il sistema giudiziario italiano è ottimo a condizione che lo si faccia funzionare, che non si chini il capo davanti alle angherie, che non si "abbozzi" davanti all'arroganza. È chiaro che tutto questo comporta enormi sacrifici che non tutti sono disposti a sopportare. Spesso i colleghi dell'informazione non solo sono proni alla magistratura ed ai “poteri forti” ma ne anticipano i desideri, arrivando ad autocensurarsi senza che alcuno glielo chieda.
La nostra storia, ne è ampia documentazione.
Non avevamo accesso telefonico al Quirinale e nemmeno l'abbiamo cercato, tanto è il rispetto per l'istituzione della Presidenza della Repubblica. Infatti nei sette mesi d'intercettazioni ininterrotte, nessuna telefonata con la Presidenza della Repubblica è finita nelle registrazioni di Annunziata Cazzetta autorizzate da Angelo Onorati. Abbiamo più volte scritto raccomandate al Presidente Giorgio Napolitano il quale, per il tramite di un suo qualche collaboratore, ci ha sempre risposto che il Presidente non può occuparsi di vicende che competono alle Procure della Repubblica. Eppure, alle Procure, noi non chiediamo altro che impedire ad Annunziata Cazzetta (e quanti con lei suggeritori, complici e favoreggiatori) di tenere illecitamente procedimenti penali in cui è portatrice d'interessi personali. Ma per queste richieste di semplici cittadini non vi sono coordinamenti da sollecitare, magistrati da richiamare, incontri da auspicare. Noi siamo normali cittadini, Mancino è qualcosa di diverso. La cosa, invece di suscitare rabbia, ci riempie d'orgoglio.
Nicola Piccenna

venerdì 29 giugno 2012

Napolitano padre nobile che fece figli e figliastri


“Nell'ambito delle Sue prerogative” e “senza compiere atti per cui sarebbe perseguibile”, più o meno con queste formule o similia, Napolitano ed il suo “staff” hanno eluso la questione “Mancino”. Un cittadino, Nicola Mancino, che ha ricoperto figure apicali nello Stato e nel Consiglio Superiore della Magistratura e che ha chiesto (la cosa pare assodata e non contestata nemmeno da Napolitano) un intervento del Quirinale nelle inchieste giudiziarie che lo riguardavano. Poi si scende nei bizantinismi tipici di un'Italia che ama aggirare le questioni attraverso complesse circonlocuzioni frammiste di citazioni e piccole astuzie. “Ha sollecitato il coordinamento... si è preoccupato che l'iter fosse quello appropriato... ha chiesto delucidazioni...”. In breve, è intervenuto!

Sua Eccellenza Vietti, vice presidente del CSM succeduto proprio a Mancino dice di suo: “Ricordo che stiamo parlando di una telefonata fatta da un ex ministro dell’interno ed ex vicepresidente del Csm al consigliere giuridico del Quirinale che avrebbe attivato poi, come nelle prerogative del Colle, un intervento sul procuratore generale della Cassazione”. Ignora, Vietti, che il Capo dello Stato non ha alcuna prerogativa in materia giudiziaria, essendo l’esercizio della giurisdizione, ai sensi dell’art. 101 della Costituzione, “vincolato solo alla legge”.

Ebbene, signori dello “Staff”, Ill.mo Vice Presidente del CSM, Ecc.mo Presidente della Repubblica, come spiegate che le richieste del signor Michele Francesco Zito, indirizzate al Presidente Napolitano non abbiano sollecitato alcuna sensibilità, prerogativa, intervento, acquisizione di atti, richiesta di delucidazioni, invito al coordinamento tra procure? Le vostre risposte al cittadino italiano sono state chiarissime: “Gentile signor Zito, rispondo alla nota da Lei inviata al Presidente della Repubblica. Al riguardo, Le comunico che il Capo dello Stato non dispone di strumenti istituzionali di intervento sulle questioni concernenti l'atteggiamento tenuto dalla magistratura. Esse appartengono alla competenza del Consiglio superiore della magistratura che, per altro, è già stato da Lei contestualmente interessato” - “Gentile signor Zito, faccio riferimento alla Sua lettera del 11 gennaio scorso. per comunicarLe che la stessa è stata trasmessa al Consiglio Superiore della Magistratura (già a suo tempo interessato alla vicenda) e per ribadirLe che nessun altro tipo di iniziativa o di intervento è consentito al Presidente della Repubblica”. Allora, Presidente, che fa? Non si commuove per quel cittadino per cui nulla ha potuto? Non s'indigna per quell'altro cittadino per cui, pur non avendone i poteri istituzionali, è intervenuto? E non la butti sempre nella campagna mediatica, perché questo blog non è una corazzata dell'informazione. Al massimo sarà uno scampolo di verità sui figli e figliastri in cui si continua a dividere gli Italiani. Viva L'Italia!



martedì 26 giugno 2012

I ritardatari sono sempre gli stessi, i magistrati pure


Si chiamano Gerardo Dominijanni, Paolo Petrolo, Assunta Maiore e fanno i magistrati!
Il primo giugno 2012, Dominijanni e Petrolo, firmano una richiesta di archiviazione del Proc. Pen. 1040/11 mod. 21. L'unico atto d'indagine richiesto dai due è l'acquisizione della querela presentata in data 15/1/2009, tre anni prima dell'iscrizione del procedimento penale, ma questi “ritardi” rientrano nelle abitudini del duo catanzarese. Così come il vizietto di iscrivere contro ignoti querele che recano nome, cognome, funzione e sede di servizio dei magistrati denunciati. Se possono permetterselo, Dominijanni e Petrolo, è perché fidano che qualcuno lassù li ama ma per quanto? Chiedere l'archiviazione prim'ancora di aver letto la querela che loro stessi avevano chiesto di acquisire perché mancante è un piccolo capolavoro. Quasi quanto quello di un altro magistrato catanzarese, Assunta Maiore, Giudice per le Indagini Preliminari. Il procedimento è un altro ma gli indagati sono gli stessi, sempre i “soliti” tre o quattro magistrati di Matera.
Anche qui si richiede l'archiviazione ma si scopre che mancano atti per “oltre cento faldoni”. Sì, avete letto bene, sono scomparsi, volatilizzati, annichiliti 150 mila fogli ed atti processuali. E la D.ssa Maiore, candidamente, argomenta: “La sollecitata acquisizione di altri fascicoli ...in nessun caso potrebbe portare a dimostrare la sussistenza degli elementi costitutivi, oggettivi e soggettivi, del delitto di cui all'art. 323 c.p. a carico dell'indagata”. Mancano cento faldoni, nessuno li ha potuti consultare ma il loro contenuto “...in nessun caso potrebbe portare a dimostrare la sussistenza degli elementi costitutivi, oggettivi e soggettivi...”. Significa dire papale papale, che la decisione prescinde dagli atti, dalle prove, dalle evidenze processuali ed allora da cosa (o da chi) dipende?
Solo qualche giorno fa, un giudice del Tribunale di Matera ha scritto in una sentenza che un sostituto procuratore di quel Tribunale ha indagato per anni illegittimamente, ha disposto intercettazioni telefoniche illegittimamente, ha disposto perquisizioni illegittimamente. Illegittimamente perché portatore di un interesse privato!
Annunziata Cazzetta, per anni, ha usato la funzione di magistrato per perseguire un interesse personale. L'ha fatto mentendo, ripetutamente, anche in udienza. L'ha fatto perché qualcuno, a Catanzaro, ha fatto finta di non vedere e non capire. Persino di non sentire l'audio delle udienze in cui quel magistrato diceva il falso. L'ha fatto perché un Sost. Proc. Gen. della Cassazione, Guglielmo Passacantando, ha stabilito che era competente a tenersi proprio quel procedimento in cui aveva un interesse personale. Quegli abusi per cui, sarà un caso ma sempre loro, Dominijanni e Petrolo hanno chiesto e ottenuto l'archiviazione perché mancava non si sa bene cosa. Quegli abusi per cui Maiore ha previsto che “negli oltre cento faldoni” mancanti in nessun caso potrebbe portare a dimostrare la sussistenza degli elementi costitutivi, oggettivi e soggettivi, del delitto di cui all'art. 323 c.p. a carico dell'indagata”.
“I ritardatari sono sempre gli stessi”, recitava un monito sull'orologio marcatempo di una fabbrica di treni. I cattivi magistrati, sempre pronti a tutelare la casta oltre ogni decenza, anche loro, sono sempre gli stessi. Non ditelo al Presidente Giorgio Napolitano che, richiesto di un intervento per dipanare queste infami vicende, scrisse attraverso il suo prestigioso staff di consigliori che “Il Presidente non poteva intervenire...” e non fece nulla. Evidentemente Nicola Mancino ha diversi diritti e diversa considerazione di Francesco Michele Zito. Viva l'Italia.

p.s. "Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente" Berthold Brecht

venerdì 17 febbraio 2012

Qualunquemente Emilio Nicola Buccico


La coerenza di un politico che ha cambiato molte casacche

Una delle contestazioni nel procedimento penale a carico di alcuni giornalisti per diffamazione nei confronti di Emilio Nicola Buccico, avvocato, è stata di aver operato per non farlo eleggere sindaco di Matera. Magari ci fossero riusciti, quei giornalisti. Il governo cittadino di Buccico durò appena due anni e fu un disastro sin dalla prima seduta del Consiglio comunale quando la “sua” maggioranza passò da 27 a 21 consiglieri con un margine di un solo voto sull'opposizione. Ma percorriamo qualche dato della storia-politica, finché sarà consentito dalla nostra costituzione esprimere liberamente il nostro pensiero anche in materia politica ed il diritto di critica anche nei riguardi di Nicola Buccico.

Negli anni 70 era un duro e puro nel MSI di Giorgio Almirante. Ad un duro comizio in cui il Sen. Ziccardi ed il Prof. Giovanni Caserta lo criticarono aspramente per la contraddizione che lo vedeva consigliere comunale contrario al nuovo regolamento “Zona Paip” mentre seguiva la vendita dei suoli dei Panizza proprio in quella “Zona”. Il nostro replicò con un manifesto oblungo, verde con caratteri neri, in cui Ziccardi veniva apostrofato “senatore semianalfabeta” e Giovanni Caserta “Professore fuori ruolo”.
Poi cominciò i cambi di casacca che continuano ancora oggi. Fondatore e vice presidente di Democrazia Nazionale, venne duramente contestato dagli ex camerati che, in una drammatica riunione nella Federazione MSI di Matera, gli chiesero di rimettere i mandati di Consigliere Regionale e Comunale. Rifiutò e lasciò la Federazione fra fischi e improperi. DN prese a Matera lo 0,6% e Buccico sparì per qualche anno. Almirante pronunciò un durissimo anatema definendolo “il traditore Buccico” ed il comitato centrale del partito deliberò la sua espulsione con tutti i fondatori e gli aderenti a Democrazia Nazionale.
Solo dopo la scomparsa di Almirante, Buccico poté rientrare tra gli ex camerati e candidarsi nel 1994 al Senato della Repubblica. Erano i collegi uninominali e Buccico venne sconfitto da uno sconosciuto Enzo Sica, sindaco di Oliveto Lucano, piccolo comune di 500 anime. Lasciò la politica attiva per qualche anno, tornando a vestire i panni di Alleanza Nazionale appena in tempo per essere nominato membro del CSM in quota AN. Gianfranco Fini, per lui, si spese molto sino a sostenerne la candidatura al senato. Eletto nell'aprile 2006, da senatore venne candidato alla poltrona di Sindaco per il comune di Matera ed eletto nel giugno 2007.
È nel 2008 che s'incrina il rapporto di Buccico con AN, allorché per l'anticipata fine della legislatura (Governo Prodi), al soglio senatoriale, che ormai è riservato per nomina secondo la nuova legge “porcellum”, gli viene preferito Egidio Digilio. Buccico intensifica i rapporti con il PdL in cui confluirà nel Marzo 2009 con tutta AN e rompe con Fini. Detta subito legge e impone Nuccio Labriola come candidato alla Presidenza della Provincia di Matera (giugno 2009). È un disastro, il PdL raccoglie il più basso consenso di sempre. Pochi mesi dopo, ottobre 2009, è costretto a dimettersi da Sindaco di Matera, l'ultima carica pubblica che gli era rimasta. La colpa è sempre degli altri e, quindi, dei vertici del PdL che non lo hanno sostenuto abbastanza. Veementi le critiche e le prese di distanza di cui fa oggetto i coordinatori regionale e provinciale (Guido Viceconte e Cosimo Latronico).
Le successive elezioni regionali e, per Matera, comunali segnano la disfatta totale del PdL. Buccico impone un suo fedelissimo, Romeo Sarra, che diventa consigliere regionale con 4412 preferenze di cui oltre 1500 nella sola Matera. Nella stessa tornata elettorale, il nome di Romeo Sarra è fra i candidati al comune di Matera dove raggiunge 152 preferenze. È il messaggio di Buccico al PdL. Chiaro, è finita un'altra storia anzi, dichiara ufficialmente, il suo definitivo ritorno alla sola professione forense. Sembra fare sul serio, questa volta, tanto che segue con distacco la nascita di Fli ma...
Notizie dell'ultim'ora accreditano Emilio Nicola Buccico quale presidente della neonata “Fondazione Pinuccio Tatarella” che gravita in area Fli. Un ritorno da Fini o, più semplicemente, l'inseguimento di una candidatura al parlamento. Unica forma di coerenza tenacemente perseguita, qualunquemente, da Emilio Nicola Buccico.
di Giovanni Caponio

domenica 5 febbraio 2012

Inaugurazione dell'anno giudiziario a Potenza: Silenzi omertosi su “Toghe Lucane”

L'usura che vogliono combattere solo a chiacchiere

Nulla, non hanno fatto alcun cenno, non hanno balbettato una sola parola. Come se quei fatti fossero accaduti su un qualche remoto e sconosciuto corpo celeste della galassia e, forse, tale è il pianeta Giustizia in Basilicata. Erano lì, vestiti di porpora con i colli e bordi d'ermellino e dovevano parlare della Giustizia nel distretto di Basilicata. Il consuntivo dell'anno trascorso ed i buoni propositi per quello a venire. Il più atteso, per certi versi, era il Procuratore Generale, S. E. Massimo Lucianetti. I suoi sostituti Gaetano Bonomi e Modestino Roca ed il suo predecessore Vincenzo Tufano (attualmente in quiescenza) sono indagati di gravissimi reati. Scrive la Procura di Catanzaro: “del delitto p. e p. dall'art. 2, commi l e 2, L 25.1.1982, n. 17, per avere partecipato ad un'associazione segreta, promossa e diretta da Bonomi Gaetano, che occultando la sua esistenza ovvero tenendo segrete congiuntamente le proprie attività e finalità, si propone di svolgere attività diretta ad interferire sull'esercizio dell'attività giurisdizionale in Potenza, da parte dei locali Uffici Giudiziari e sull'attività di amministrazioni pubbliche, incidendo sull'ordinario svolgimento delle attività investigative attraverso una serie di iniziative calunniose e diffamatorie nei confronti dei magistrati autori di iniziative o decisioni non gradite, - attraverso esposti anonimi ovvero attraverso la presentazione, da parte di esponenti politici coperti da immunità parlamentare, di atti di sindacato ispettivo; - attraverso la raccolta di informazioni riservate sugli stessi magistrati nonché su esponenti politici locali, al fine di condizionarne l'attività, da parte di ufficiali di polizia giudiziaria; - attraverso il diretto condizionamento dell'attività investigativa in considerazione della appartenenza di ufficiali di polizia giudiziaria al sodalizio e del conseguente sistematico sviamento funzionale dell'esercizio della loro funzione; - attraverso la garanzia apprestata a soggetti legati da vincoli amicali di uno svolgimento parziale della funzione di pubblico ministero di udienza in grado di appello; con i seguenti ruoli: - il Bonomi quale capo del sodalizio, destinatario della attività informativa, intermediario dei collegamenti tra il sodalizio ed esponenti politici nazionali ai quali far presentare i predetti atti di sindacato ispettivo, titolare delle funzioni di pubblico ministero innanzi alla Corte d'appello di Potenza...”. Ma tutto questo per S. E. Lucianetti non è da trattarsi. Comprensibile l'imbarazzo, proprio davanti a Gaetano Bonomi che con gli occhiali a specchio e il consueto colorito rubicondo, era seduto tra gli scranni riservati ai vertici della magistratura lucana. Comprensibile ma inaccettabile, insopportabile quel silenzio. Tanto che l'avv. Nicola Cataldo, con una platea silenziosa che a tossire si rischiava il linciaggio, l'ha dovuto dire chiaro chiaro che non affrontare il bubbone dell'inchiesta “Toghe Lucane” equivale a mantenere a livello infimo la credibilità dell'amministrazione della giustizia in questa regione. Ha, viceversa, parlato del grave problema dell'usura che affligge l'intera regione Basilicata e pare non avere ostacoli in grado di arginarla. Ma, anche su questo punto, Massimo Lucianetti omette di parlare delle inchieste ferme da anni alla Procura di Matera, omette di dire che le informative della Guardia di Finanza che segnalavano l'odiosa pratica da parte della Banca Popolare del Materano, sono rimaste lettera morta e che l'usura accertata non è stata ad oggi perseguita. Forse nemmeno conosce, S. E. Massimo Lucianetti, quello che scrivevano il comandante e due ufficiali di PG il 27 aprile 2009 nell'ambito di un procedimento penale avviato nel 2005 il cui iter è davvero curiosamente lento. Per opportuna conoscenza, riportiamo un chiarissimo passo scritto da quei finanzieri del Comando GdF di Matera: “Il tasso d'interesse in questione superò il tasso soglia (cioè era un tasso usuraio, ndr) e fu applicato, quasi senza soluzione di continuità, dal 01/01/1999 al 17/07/2003 (oltre quattro anni!)”. Il punto esclamativo è parte dell'informativa. Ecco l'inaugurazione dell'anno giudiziario a Potenza tra alti magistrati indagati per gravissimi reati ed alti magistrati che parlano di usura, ma solo quella degli strozzini di paese e ignorano le responsabilità di banche, bancari ed magistrati silenti, inerti, negligenti e neghittosi. (da L'indipendente Lucano del 4.2.2012)
di Nicola Piccenna

Quando la Legge non è uguale per tutti: cosa farà il Presidente del Tribunale di Matera?

Il Giudice Angelo Onorati favorisce l'avvocato Buccico che, scoperto, non ha da essere granché contento del favore ricevuto

Cosa pensiamo di lui al Dr. Angelo Onorati, magistrato in servizio presso il Tribunale di Matera, è noto. Quello che è lecito (ed inevitabile) pensare di un magistrato che subordina l'applicazione della Legge ai soggetti che vi ricorrono. Egli lo apprese dalle nostre voci, attraverso le intercettazioni telefoniche che lui stesso autorizzò con cadenza quindicinale da maggio a dicembre 2007. Sempre da quelle voci intercettate, sentì che Mario Altieri, noto imprenditore di Scanzano Jonico, ci raccontò di avergli reso una visita in tribunale insieme con il proprio difensore (Avv. Nicola Buccico) ed il procuratore capo (Giuseppe Chieco) per sollecitare il dissequestro di Blu-Tv. Onorati fu presidente del collegio del Riesame che valutò la legittimità di quelle intercettazioni che lo riguardavano in prima persona e che lui stresso aveva autorizzato. Gli anni passano ed il vaso di coccio continuò a viaggiare a fianco dei vasi di ferro. Così accadde che gli arrivò sul tavolo dell'Udienza Preliminare il caso di una associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dei correntisti e degli azionisti di una nota banca locale. Anni di indagini e chili di perizie e di informative della Guardia di Finanza: tutte convergenti ed una corposa richiesta di rinvio a giudizio per tutti gli indagati. Il Giudice Onorati ordinò una nuova perizia tecnica di cui incaricò un funzionario retribuito dall'associazione banche italiane, partecipata azionariamente dalla banca i cui dirigenti erano a processo. In poche decine di pagine, il perito smontò i verbali della Banca d'Italia, le corpose perizie costate centinaia di migliaia di euro, le puntuali informative della Guardia di Finanza. Onorati, rigettò la costituzione di parte civile della parte offesa e, infine, prosciolse. Ma arriviamo al 24 gennaio 2012: udienza penale che vede imputati l'ex sindaco di Ferrandina, Ricchiuto (difeso dall'avv. Nicola Buccico) ed altri; persona offesa Anna Maria Dubla, Presidente dell'Associazione Ambiente e legalità; giudice Angelo Onorati. L'Avv. Buccico, tramite un suo delegato, presenta in udienza una richiesta di rinvio corredata da un generico attestato della cancelleria della Corte d'Assise di Potenza da cui non risulta la qualità del suo impegno. La richiesta, ovviamente tardiva perché presentata in udienza, doveva perciò, necessariamente, essere rigettata. Così come la genericità dell'attestato prodotto non lasciavano altra via legittima se non quella del rigetto imemdiato. Diversamente, il Giudice Onorati, nonostante la ferma opposizione di Anna Maria Dubla e nonostante la presenza di altri testi, più volte citati “a vuoto”, accoglie la richiesta di rinvio non consentendo la costituzione di parte civile alla Sig.ra Dubla che ne aveva fatto formale richiesta e rinviando il tutto a successiva udienza. Perché Buccico presenta un attestato generico per motivare la richiesta di rinvio dell'udienza? Un caso fortuito, la cronaca di stampa locale scopre l'arcano: infatti egli il 24 gennaio 2012 Buccico era impegnato come difensore di parte civile davanti alla Corte di Assise nel processo dell'omicidio Mitidieri. Il Giudice Onorati non ha agito correttamente: sarebbe bastato da parte sua leggere attentamente l'attestato presentato per rigettare la richiesta di rinvio. Questa volta a fare giustizia sono stati i giornali locali che hanno scoperto l'Avv. Buccico quale difensore di parte civile. Condizione che non consente di chiedere il rinvio di altri processi. Questo vuol dire che, d'ora in poi, le richieste di rinvio prodotte dall'avv. Nicola Buccico per impegni professionali dovranno essere scandagliate nei particolari e non accolte, con superficialità, come ha fatto il Giudice Onorati. Egli, infatti, l'avrebbe dovuta rigettare soprattutto perché tardiva e poi si sarebbe dovuto sincerare sul tipo di impegno: difensore di parte civile o di imputato. Nel primo caso, come scoperto dalla stampa, non si ha diritto al rinvio. Cosa farà il Presidente del Tribunale di Matera? Certo lui e gli altri magistrati non possono ignorare l'increscioso episodio di malagiustizia. (da L'indipendente Lucano del 28.1.2012)
di Antonio Mangone