Le mani in pasta... ed anche altrove! (Ed. ARUBA) |
Caro Emilio Salierno,
Una produzione del territorio
finita con la sentenza Tandoi, è il sottotitolo al tuo “pezzo” odierno (28/8/2016)
che parla della sentenza Tandoi o, più propriamente, che cita la “sentenza
Tandoi” quale pietra tombale della produzione di pasta a Matera, ultimo atto di
una tradizione plurisecolare.
Ricordando la tua lettera di
candidatura alle passate elezioni della rappresentanza regionale presso l’Ordine
dei Giornalisti “…Credo che debba essere sempre prioritario non perdere di
vista quali siano i doveri nei confronti dei lettori e, in genere, della
comunità. Ne ho consapevolezza ed è per questo che mi sento di segnalarlo,
anche in ragione del lavoro quotidiano che svolgo a Matera, da anni, nella
redazione de “La Gazzetta del Mezzogiorno”, e della mia lunga attività in
questo settore…” non posso fare a meno di aggiungere un commento, io che ti ho
sostenuto ed ho indicato agli amici di sostenerti (come sanno in molti).
Vedi, caro Emilio, la produzione
della pasta di qualità, a Matera, non è finita con la sentenza definitiva che
condanna un imprenditore ed un dirigente d’azienda alla reclusione per anni uno
(pena sospesa) e la ditta di Tandoi alla confisca di alcuni beni dell’opificio
che fu della Cerere s.r.l.
Quella pregiata produzione è
finita il giorno 9/9/2005 quando il Consorzio Agrario Regionale, in violazione
del diritto di prelazione esercitato da alcuni soci/coltivatori della Cerere
srl, ha ceduto alla ditta Tandoi le quote di maggioranza della Cerere stessa.
È finita il 31 agosto 2005,
quando (prima che lo scempio venisse compiuto) i soci “ribelli” denunciarono
alla Procura di Matera (e documentarono) il piano scellerato di Tandoi di
trasformare un impianto nato e finanziato per produrre pasta di alta qualità
esclusivamente prodotta con grano della Collina Materana in un semolificio che
macinava anche la paglia di grano proveniente da ogni dove.
È finita quando un manipolo di
operai Russi, con un permesso di soggiorno turistico, smontarono le linee di
produzione della Barilla (in via Cererie a Matera) finanziate con i fondi del
terremoto del 1980 e se le portarono in Russia.
È finita quando in confindustria
a Matera, col placet della politica locale e nazionale e dei rispettivi
rappresentanti, si avallò il piano industriale presentato da Tandoi.
È finita quando la relazione
degli ispettori ministeriali che segnalava le violazioni ripetute agli obblighi
ed ai vincoli del finanziamento pubblico (Europeo e Italiano) concesso alla
Cerere venne ignorata dagli organi competenti preposti alla vigilanza e tutela
di quei sei milioni di euro (Provincia di Matera, Regione Basilicata, Ministero
delle Attività Economiche) e l’ispettore demansionato e allontanato.
È finita quando arrivò in
stabilimento il grano contaminato da ocratossina e la Procura di Matera ce lo
fece mangiare perché “grazie a Dio” non conteneva aflatossina!
Ma, soprattutto, è finita quando
tutti gli organi di stampa, privati e pubblici, hanno taciuto sulle gravissime
responsabilità che un giornale locale, IL RESTO, puntualmente documentava e
denunciava, proprio per quel dovere di cui parlaVi nel tuo programma
elettorale, caro Emilio.
Silenzio che continua ancora
oggi, nulla di personale s’intende, perché non tu ma tutti i nomi “che contano”
dell’informazione locale (nel senso che ricoprono ruoli di rappresentanza o
responsabilità) hanno ricevuto negli anni e pochi giorni fa la documentazione
dello scempio ma hanno inteso tacerlo.
E, allora, i nomi dei
responsabili li leggiamo dagli atti anzi, li legga chi vuole e si vergogni di
non darne notizia ai Lucani che, tra i peggiori lettori del mondo c.d. civile,
sono i primi artefici e responsabili delle loro stesse disgrazie!
p.s. Non corrisponde al vero che
i Lucani non leggono per ristrettezze finanziarie, poiché sono tra i più
accaniti consumatori di lotterie e video-poker d’Italia!
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