mercoledì 24 agosto 2011

Ignora, Di Consoli: lettera aperta a Paride Leporace

Egregio direttore,
mi risolvo a scriverti questa lettera aperta dopo aver letto l'intervista pubblicata recentemente dal tuo giornale all'intellettuale lucano Andrea Di Consoli, giornalista e scrittore di fama. In origine, avevo in animo di confutare gran parte delle tesi sostenute da Andrea ma, procedendo, mi son reso conto che l'opera diventava monumentale e quindi inutile. Vedi, direttore, commentare Toghe Lucane non può prescindere dal conoscerla e “pacificare gli animi” non può risolversi nell'abusato “chi ha dato, ha dato; chi ha avuto, ha avuto”. Né può costituire valido supporto l'estrema sintesi che opera Andrea (e molti altri con lui) riducendo tutta quella ponderosa inchiesta fatta di duecentomila pagine, 118 faldoni e non ricordo più quanti CD al decreto di archiviazione. Veramente si pensa che qualcuno dotato di buonsenso possa accontentarsi di una archiviazione ottenuta dal PM Capomolla dopo aver smembrato l'inchiesta e distribuito gli atti d'indagine in procedimenti stralcio che ne hanno frantumato la logica e diluito la valenza probatoria? Non si tratta di esprimere opinioni, come se si parlasse della formazione dell'Italia Football Club, ma di prendere atto del giudizio che ne ha dato la Procura Generale di Catanzaro. Il PM Eugenio Facciolla si è spinto a scrivere che “il Giudice ha violato la Legge” quando ha archiviato lo stralcio “Marinagri” e su questa base ha proposto appello. No, Toghe Lucane non è del tutto “archiviata” ma, anche se così fosse, non si può lasciar credere a quei (troppo) pochi lucani che leggono i giornali che non vi fossero elementi ed evidenze degne almeno di giudizio politico che, come sostiene anche Di Consoli, è dovere formulare ed utilizzare per trarne conseguenze operative. Il “disastro Basilicata” ha precisi responsabili, nomi e cognomi che non possono passare alla storia come i migliori politici di questa martoriata regione. Dimentica (Di Consoli) gli slogan di recenti campagne elettorali? Chi crede che abbia inventato “Basilicata che bello!” oppure “La Basilicata che sa governare”. Chi crede che abbia inventato “Basilicata, isola felice”? Ignora (Di Consoli) che il Sost. Proc. Felicia Genovese è stato trasferito e destinato a funzioni collegiali perché non si astenne (come prevede la Legge) dal trattare vicende giudiziarie che riguardavano Filippo Bubbico ed altri assessori e funzionari regionali mentre il di lei marito (Dr. Cannizzaro) concorreva per la nomina a Direttore Generale del San Carlo? Ignora che il Sost. Proc. Felicia Genovese è stata trasferita perché omise di iscrivere nel registro degli indagati Giuseppe Labriola e ne ottenne in cambio il sostegno di Emilio Nicola Buccico, allora membro del CSM, per diventare consulente esterno della commissione antimafia? Ignora che quel PM omise di sequestrare, nonostante le istanze ed i solleciti della polizia inquirente, i vestiti sporchi del sangue di Danilo Restivo e di chissà cos'altro, ritardando di quasi vent'anni l'inchiesta sulla tragica morte di Elisa Claps? Ignora che Felicia Genovese e Michele Cannizzaro hanno querelato per diffamazione il giornalista che aveva raccontato della incompatibilità della prima a trattare vicende in cui aveva un ruolo non trascurabile il secondo ed hanno dovuto soccombere al lapidario giudizio del Gup Dr. Antonio Giglio: “...la notizia riportata dall'articolista era vera: la d.ssa Genovese si astenne “non prima ... di richiedere l'archiviazione del procedimento a carico dei datori di lavoro di suo marito e solo dopo il rigetto dell'archiviazione”. Molte altre cose, ignora Di Consoli ma ciò non toglie che possa stimare chi gli pare ed augurarsi quanto di meglio per le persone che più gli piacciono. Però l'informazione giornalistica è altra cosa dall'esprimere un giudizio o manifestare la propria opinione. L'informazione è raccontare fatti e rendere noti documenti che il lettore deve poter conoscere per formarsi una sua propria idea, nel caso di specie della Basilicata. Una terra ricca di risorse e povera di uomini coraggiosi. Dove l'amministrazione della giustizia è confusa con l'esercizio delle opinioni e la legalità si vuol far credere sia un'utopia da cavalieri un po' svitati. Fortunatamente, c'è qualcuno che resiste. Che paga un prezzo molto più alto di quello cui Andrea dichiara di essersi sottratto, ma che lo paga con levità, senza piagnucolii e martirologi. Perché una fondamentale verità esperienziale occorre tener presente prima di iniziare un'intrapresa: una vera battaglia comporta un vero prezzo da pagare. C'è spazio per tutti, ma solo a questa condizione. Il resto sono chiacchiere da bar o da intellettuali ateniesi. La rivoluzione dei vecchi: ma siamo completamente impazziti?

di Nicola Piccenna

3 commenti:

  1. Ecco bravo Picenna, mi ha tolto le parole di bocca!!!

    RispondiElimina
  2. 25/08/2011 IL QUOTIDIANO di Basilicata

    Pagina 8

    di PARIDE LEPORACE

    NICOLA Piccenna (in foto) mi scrive una lettera aperta sul dibattito scaturito dalla mia intervista a Di Consoli. Di questo lo ringrazio e ne ospito le tesi come già avvenuto in passato. Mi permetto di riflettere che Piccenna resta fermo al passato. Ancorato ad un nozionismo giuridico - emergenziale di cui lui è stato maestro e anche principale mossiere e animatore.
    Nel rileggere sempre gli stessi nomi, le stesse questioni (quando arrivai in Basilicata la vicenda Panio sembrava il processo Sifar), il complottismo e le anime nere confesso di aver osservato sull'intervento di Nicola uno spesso strato di polvere su questioni che così riproposte non aggiungono nulla e cambiano poco dello stato presente delle cose. In tutta franchezza mi sembra questo un gioco dell'oca delle anime morte.
    M'interessa capire Toghe lucane su quello che manca non su quello che lo ha affollato con confusione. Poi sai, Nicola, non stiamo analizzando il processo di Norimberga, ma delle vicende che hanno visto molti uomini delle istituzioni combattersi in una guerra civile e giudiziaria che ha ingannato molti lucani. Rimane un gioco delle parti dove alcuni hanno avuto un ruolo in diversi schieramenti e che come spesso capita in Italia hanno anche cambiato maglietta.
    Mi permetto di dirti che noi stiamo tentando altro. Guardiamo all'oggi. Creando un nuovo linguaggio diverso e collettivo. Stiamo cercando di allargare la sfera pubblica senza alzare cappi metaforici vendicativi.
    Cerchiamo di far prendere parole alle giovani generazioni contaminandoci con nuovi mezzi di comunicazione. Quando diversi amici mi raccontano che in piazza a Rionero o in un bar di Missanello ci si accapiglia sulle dichiarazioni pro e contro Di Consoli, è per noi una grande soddisfazione aver raggiunto questo dialogo da Bar sport. La mia e la nostra non e' una guerra santa.
    Si tratta soltanto di una battaglia delle idee che cerca di capire i meccanismi del consenso e tenta di cambiarli. L'ultimo intervento per esempio di Paolo Albano in risposta alle staffilate di Di Consoli apre una discussione sulla Chiesa lucana come non l'ho mai letta nella cattolicissima Basilicata.
    E considerato che si evoca anche da quelle parti il caso Claps, ne traggo spunto, per chiedere al clero basso e alto evocato da Paolo, una risposta chiara sulla riapertura della Trinità di Potenza. Constato che tu, pur essendo cattolico praticante, non ti appassioni al tema. Caro Nicola, so che sei alle prese con la rinascita di un tuo nuovo giornale. Apprezzo la testardaggine e la determinazione. Ma vedo nel tuo operato quel soldato giapponese, che pur sapendo che la guerra era finita, restava nella jungla aspettando l'ordine di ritirata da Hiroito. Io penso che dalle tue capacità la Basilicata pretenda altro. Quella guerra è ormai finita.
    Con sincera cordialità

    RispondiElimina
  3. caro nicola,
    siamo vittime (carnefici?) di un sistema mafioso.
    tu, io, paride ... siamo certi dell'esistenza della mafia. il guaio è, però, che non la conosciamo. vedi caro nicola, quando ci siamo conosciuti ti ho confidato alcuni spunti che avevo acquisito durante i lunghi anni della mia persecuzione antimafiosa. temevo di riferire quelle stesse cose ai magistrati e alle forze dell'ordine. i tempi non erano ancora maturi.
    oggi che i tempi sono maturi, non interessano più a nessuno. è come se li sapessero da sempre. cioè un colonnello, nella mia inchiesta, ha fatto arrestare (manovrando a suo piacimento pm e gip) centinaia di persone grazie a delle foto e a dei pentiti storici come lauro e barreca. ebbene, nonostante oltre il 50% di noi arrestati non avessimo mai conosciuto quei signori, la circostanza non ha suscitato alcun clamore. sai perché? perché tra i cento arrestati ci sarebbero un paio di mafiosi che si è deciso di farli morire in carcere. e allora, quell'inchiesta non può essere assolutamente messa in discussione. il nostro è stato un paese matto: paride ha ragione, guardiamo avanti o impazziremo anche noi.
    un caro saluto b

    RispondiElimina