Scrivere di vera informazione è
un'impresa ardua, specie se l'argomento tocca l'ordinamento dello
Stato, specie se i fatti di cui si tratta sono intrinsecamente
gravissimi tanto da minacciare la stessa credibilità delle
Istituzioni mostrandone un degrado (forse) irreversibile.
Omettere di scrivere, pratica
abbastanza diffusa (pare), consente una vita più tranquilla, orari
regolari e, in alcuni casi, anche prestigiose poltrone ben
remunerate.
Se non fosse per quel tarlo che...
trick trick trick, appena si smette di correre dietro alle molte
urgenze della vita moderna, provoca un fastidio così terribile da
doverlo tacitare in qualche modo.
Nella certezza che esistano modi
diversi e meno autolesivi di procedere, è evidente che molti
colleghi giornalisti pubblicisti ed anche professionisti devono
conoscerli a fondo, resto in attesa che qualche anima pia spieghi
come si estirpa quel fastidioso parassita ma, nell'attesa, per porre
fine al tormento non resta che chiudergli (al tarlo... ovviamente) la
bocca e scrivere, scrivere, scrivere finché ne abbiano abbastanza da
arrendersi.
C'era una volta un tribunale in cui un
magistrato (o forse più d'uno) non depositava le sentenze: diciamo
più di cento, questo è certo. Quanto di più? Non è dato sapere.
Diciamo che un giornalista ne abbia
sentore e chieda conferma al Presidente della Corte d'Appello e che
la conferma arrivi veloce e precisa. Precisa? Non proprio! Le
sentenze non depositate per cui è trascorso più del triplo del
tempo massimo previsto per il loro deposito, sono più di cento.
Quanto di più? Non è dato sapere.
Per un magistrato, deve passare più
del triplo del tempo massimo previsto per il deposito prima che si
possa parlare di grave ritardo. Se è passato solo il doppio oppure
una volta e mezza il ritardo non è grave, diciamo come una sorta di
quarto d'ora accademico che può durare anche nove mesi. Sappiamo
invece cosa succede se paghiamo una multa con un giorno di ritardo
rispetto alla scadenza, ed anche cosa succede se la paghiamo con nove
mesi di ritardo. Così la multa e così le tasse, il canone RAI ed
ogni cosa che abbia una scadenza per il quisque de populo.
Allora, torniamo alle sentenze non
depositate, chi è il protagonista di questo capolavoro? Il
Presidente della Corte d'Appello non lo dice. Nemmeno lo dice
l'Ufficio Ispettivo del Ministero della Giustizia con una motivazione
chiara: per la tutela della privacy del/dei magistrato/i.
Un magistrato non ha depositato “più
di cento sentenze”, (quante? Non si sa, potrebbero essere anche
trecento?) e non si può conoscere il suo nome? E non si può sapere
cosa stia facendo l'Ufficio Ispettivo del Ministero per sanzionare
codesto scansafatiche?
Allora, torniamo alle sentenze! Chi ha
tratto giovamento e chi nocumento da questa lasciva pratica?
Ma anche questo non si può sapere,
poiché anche rivelare l'elenco dei procedimenti penali costituisce
violazione della privacy del/dei magistrati? E la privacy degli
imputati, delle parti offese, e la credibilità del sistema
giudiziario non meritano forse tutela? E chi garantisce il controllo
dei controllori se non il giornalismo d'inchiesta?
Sembra paradossale, ma senza avere
alcun potere reale, un solo giornalista può scoprire che una intera
struttura giudiziaria nasconde le gravissime responsabilità di un
magistrato e di quanti lo “coprono” e viene da chiedersi perché.
Questi quesiti ed altri più specifici
sono stati formalmente proposti delle massime autorità dello Stato
Italiano ed ai responsabili del governo della magistratura il 12
marzo 2017, nessuno ha risposto sino ad oggi!
Viva l'Italia
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