Hanno resistito abbarbicati alla sedia e spalleggiati da misteriosi protettori per sei anni, adesso ci aspettiamo che vadano fuori dai cosiddetti. Era già chiaro, scritto e timbrato da anni. Che alcuni fra i magistrati più alti in grado in servizio presso i Tribunali di Matera, Potenza e Catanzaro avessero compromesso la credibilità ed il rispetto dell’istituzione giudiziaria da cui percepivano lo stipendio, era evidente anche alle fotocopiatrici, ai tavoli ed alle sedie dei palazzi di giustizia. Che la permanenza stoica, perché ci vuole fegato a stare in udienza ed anche solo a girare per i corridoi quando tutti ti guardano sapendo quello che hai combinato, e certamente “protetta” in alto loco fosse ormai destinata a finire, era sensazione palpabile. Ma che aspettassero l’affondamento sul ponte di comando, questo proprio, era davvero difficile immaginarlo e per una semplice ragione. Questi signori, da sempre, erano abituati a “vincere facile”. Nel loro mondo conoscevano tutto e tutti, avevano sviluppato amicizie, connivenze e, a volte, complicità. Poi, al di fuori del mondo giudiziario, si giovavano di rapporti solidissimi; vuoi con i magistrati in aspettativa politici a tempo pieno (De Magistris non è stato il primo a passare in politica, anzi è stato l’unico a dichiarare che non sarebbe tornato indietro); vuoi con il mondo dell’avvocatura e del CSM (che sempre magistrati e politici sono). E così, a forza di considerarsi appartenenti al mondo di “colà dove si puote ciò che si vuole”, si pensava che fossero inevitabilmente divenuti deboli di carattere; incapaci di affrontare una prova dura ed impegnativa come quella che gli si para dinanzi. Pensavamo che sarebbero scappati prima, invece no. Restano sulla nave che affonda sino all’ultimo, ma, forse, non è per coraggio. Forse è come sulle triremi romane, dove gli schiavi venivano incatenati durante le battaglie. Forse non scappano perché sono incatenati ai loro posti da qualcuno che ben li conosce e sa che l’unico modo per garantirsi i loro “servigi” sino all’ultimo è incatenarli con i ricatti e le minacce. Diversamente, forse, si sono spinti troppo in là e sanno che non ci sono vie d’uscita; sono su un vascello che naviga a vista nella nebbia più fitta e si aspettano il peggio sperando contro ogni speranza di farla franca. Aspettiamo pazientemente l’inevitabile teoria delle accuse e dei rinvii a giudizio. Un minuto dopo dovranno sgombrare, loro e quegli ufficiali di PG che violando leggi, codici e persino il buonsenso gli hanno tenuto bordone. Non lo dicono solo dei cittadini, che pur ne hanno pieno diritto; lo dicono gli atti giudiziari a loro carico e le norme che, almeno adesso, i signori del CSM ed il loro Presidente vorranno far rispettare. Già, il CSM, il supremo organo di autogoverno dei giudici che negli ultimi due anni si è macchiato delle vergognose decisioni disciplinari a carico di Luigi De Magistris, Gabriella Nuzzi, Dionigio Verasani, Maria Clementina Forleo, per citare solo i casi più conosciuti sui quali altri organi giudiziari hanno smentito clamorosamente l’operato disciplinare del CSM. Bene, adesso si comincia daccapo. Via i magistrati imputati per gravissimi reati e avanti con il ripristino dell’autorevolezza e la dignità delle istituzioni. (Filippo de Lubac)
Nell'anno 2003 nasce l'inchiesta "Toghe Lucane". Duecentomila pagine che squarciano il velo sulla Lucania reale, quella dei centri di potere, della politica collegata con la magistratura. Luigi de Magistris, il PM che conduce le indagini e che viene allontanato prima che possa concluderle. Tutto archiviato, tranne l'evidenza storica che lascia un documento indelebile su uomini e cose della Lucania di oggi, proprio quella di cui questo blog, caparbiamente, continua ad occuparsi!
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