“Sono in magistratura dal 1971 e, prima di essere trasferito a Matera, ho operato nelle sedi giudiziarie di Lodi, di Bari, e di Larino: nessuno, in nessun momento, ha avuto alcunché da ridire sulla mia correttezza. Ciò neppure quando, per ben 19 anni, ho svolto le funzioni di sostituto procuratore nella mia stessa città di origine: Bari, dove ho ricevuto sempre e soltanto attestazioni di stima e consenso. C'è da chiedersi se sia stata l'aria di Matera a cambiarmi radicalmente nel giro di pochi mesi, ovvero se non sia stato posto in essere nei miei confronti un ignobile e calunnioso piano di delegittimazione, che spero la S.V. riesca a vanificare”. (memorie difensive depositate dal Dr. Giuseppe Chieco)
Così parlò (anzi scrisse) il signor Giuseppe Chieco, Procuratore Capo a Matera e indagato per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari e altre sciocchezze nel procedimento penale “Toghe Lucane”. La “Signoria Vostra” cui è diretta la memoria difensiva, è il Dr. Vincenzo Capomolla, imprestato alla Procura della Repubblica di Catanzaro per seguire l'inchiesta che fu di Luigi de Magistris. Come spesso gli capita, Chieco mente spudoratamente. Di solito non lo si dice così apertis verbis, c'è sempre il problema di dover dimostrare, provare e documentare affermazioni così gravi. Ma in questo caso ci prendiamo la soddisfazione di scrivere questa amara verità perché negli stessi atti giudiziari del fascicolo “Toghe Lucane” v'è l'evidenza della menzogna e della spudoratezza di siffatto magistrato. Occorre anche chiarire che la linea maginot su cui si sono attestati, insieme con Chieco, molti altri componenti la medesima “associazione per delinquere”, è fatta appunto di menzogne, spudorate menzogne come quella innanzi riportata. Tutte orientate ad un teorema di fondo: l'esistenza di “un ignobile e calunnioso piano di delegittimazione, che spero la S.V. riesca a vanificare”. Senza voler approfondire la carriera professionale del Dr. Chieco, ci limitiamo ad osservare che proprio mentre era in servizio a Bari fu querelato insieme con Alberto Maritati ed altri suoi colleghi di magistratura da Angelo Raffaele Bassi, anch'egli magistrato a Bari. Bassi era stato precedentemente querelato da Chieco, Maritati e “gli altri” di cui innanzi: processato ed assolto. Per Chieco, Maritati e “gli altri” fu più semplice. Non subirono nemmeno il processo perché il procedimento (in realtà erano più d'uno) venne archiviato. Innocenti? Macché. Fra le querele contro Chieco e Maritati ve n'era anche una di Francesco Cavallari, patron delle “Cliniche Riunite” di Bari. Nelle motivazioni che addussero i PM potentini nel chiedere l'archiviazione per Chieco, Scelsi, Lembo e Maritati, quella preminente risultò da un colloquio tenuto presso la Procura della Repubblica di Bari fra lo stesso Giuseppe Chieco, Alberto Maritati e Francesco Cavallari. Incontro che i due magistrati registrarono e spedirono a Potenza facendolo passare attraverso la Procura Nazionale Antimafia. Peccato che lo stesso giorno ed alla medesima ora Francesco Cavallari si trovava in Procura a Potenza. False le dichiarazioni scritte da Chieco a Capomolla, falso il colloquio fra Chieco, Cavallari e Maritati. Di siffatta esperienza barese, come può il Dr. Chieco dichiarare “dove ho ricevuto sempre e soltanto attestazioni di stima e consenso”? I documenti che smentiscono Chieco e svelano la complicità nei gravi reati commessi dello stesso Alberto Maritati (oggi senatore del PD), sono negli atti di Toghe Lucane. Ammesso che Capomolla riesca a ritrovarli dopo lo spezzatino e il rimpasto effettuato ad arte dei faldoni originari. Piuttosto che “l'esistenza di “un ignobile e calunnioso piano di delegittimazione”, esistono in atti le prove dell'esistenza di un'articolata attività di corruzione in atti giudiziari, questa sì ignobile. Vale per Chieco e per altri magistrati, politici e avvocati. Né potranno a lungo resistere dietro la “linea Maginot” del complotto finalizzato alla delegittimazione della magistratura, la Procura di Salerno prima ed il Gip Belmonte poi l'hanno sancito a chiare lettere. L'unico complotto è quello architettato e posto in essere ai danni di Luigi de Magistris da magistrati di Matera, Potenza e Catanzaro. L'aria di Matera, egregio Dr. Chieco, è aria assai salubre e non ha mai peggiorato nessuno. Lei ha semplicemente continuato ad essere ciò che già era. Ipse dixit. (di Nicola Piccenna da "Il Resto" del 31.7.2009)
Così parlò (anzi scrisse) il signor Giuseppe Chieco, Procuratore Capo a Matera e indagato per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari e altre sciocchezze nel procedimento penale “Toghe Lucane”. La “Signoria Vostra” cui è diretta la memoria difensiva, è il Dr. Vincenzo Capomolla, imprestato alla Procura della Repubblica di Catanzaro per seguire l'inchiesta che fu di Luigi de Magistris. Come spesso gli capita, Chieco mente spudoratamente. Di solito non lo si dice così apertis verbis, c'è sempre il problema di dover dimostrare, provare e documentare affermazioni così gravi. Ma in questo caso ci prendiamo la soddisfazione di scrivere questa amara verità perché negli stessi atti giudiziari del fascicolo “Toghe Lucane” v'è l'evidenza della menzogna e della spudoratezza di siffatto magistrato. Occorre anche chiarire che la linea maginot su cui si sono attestati, insieme con Chieco, molti altri componenti la medesima “associazione per delinquere”, è fatta appunto di menzogne, spudorate menzogne come quella innanzi riportata. Tutte orientate ad un teorema di fondo: l'esistenza di “un ignobile e calunnioso piano di delegittimazione, che spero la S.V. riesca a vanificare”. Senza voler approfondire la carriera professionale del Dr. Chieco, ci limitiamo ad osservare che proprio mentre era in servizio a Bari fu querelato insieme con Alberto Maritati ed altri suoi colleghi di magistratura da Angelo Raffaele Bassi, anch'egli magistrato a Bari. Bassi era stato precedentemente querelato da Chieco, Maritati e “gli altri” di cui innanzi: processato ed assolto. Per Chieco, Maritati e “gli altri” fu più semplice. Non subirono nemmeno il processo perché il procedimento (in realtà erano più d'uno) venne archiviato. Innocenti? Macché. Fra le querele contro Chieco e Maritati ve n'era anche una di Francesco Cavallari, patron delle “Cliniche Riunite” di Bari. Nelle motivazioni che addussero i PM potentini nel chiedere l'archiviazione per Chieco, Scelsi, Lembo e Maritati, quella preminente risultò da un colloquio tenuto presso la Procura della Repubblica di Bari fra lo stesso Giuseppe Chieco, Alberto Maritati e Francesco Cavallari. Incontro che i due magistrati registrarono e spedirono a Potenza facendolo passare attraverso la Procura Nazionale Antimafia. Peccato che lo stesso giorno ed alla medesima ora Francesco Cavallari si trovava in Procura a Potenza. False le dichiarazioni scritte da Chieco a Capomolla, falso il colloquio fra Chieco, Cavallari e Maritati. Di siffatta esperienza barese, come può il Dr. Chieco dichiarare “dove ho ricevuto sempre e soltanto attestazioni di stima e consenso”? I documenti che smentiscono Chieco e svelano la complicità nei gravi reati commessi dello stesso Alberto Maritati (oggi senatore del PD), sono negli atti di Toghe Lucane. Ammesso che Capomolla riesca a ritrovarli dopo lo spezzatino e il rimpasto effettuato ad arte dei faldoni originari. Piuttosto che “l'esistenza di “un ignobile e calunnioso piano di delegittimazione”, esistono in atti le prove dell'esistenza di un'articolata attività di corruzione in atti giudiziari, questa sì ignobile. Vale per Chieco e per altri magistrati, politici e avvocati. Né potranno a lungo resistere dietro la “linea Maginot” del complotto finalizzato alla delegittimazione della magistratura, la Procura di Salerno prima ed il Gip Belmonte poi l'hanno sancito a chiare lettere. L'unico complotto è quello architettato e posto in essere ai danni di Luigi de Magistris da magistrati di Matera, Potenza e Catanzaro. L'aria di Matera, egregio Dr. Chieco, è aria assai salubre e non ha mai peggiorato nessuno. Lei ha semplicemente continuato ad essere ciò che già era. Ipse dixit. (di Nicola Piccenna da "Il Resto" del 31.7.2009)
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