venerdì 8 gennaio 2010

L'arte (grossolana) di ostacolare l'autonomia del Pubblico Ministero

Soggetto solo alla Legge, dice la Costituzione, ma è una bufala. Da qualche tempo, apertamente, i magistrati sono soggetti ad una ben individuata progenie di politici, magistrati e membri del CSM che della Costituzione non conoscono nemmeno i rudimenti (se li conoscessero sarebbe peggio in quanto ne discenderebbe che sono responsabili dolosamente). L'avevamo detto (e scritto) qualche anno fa e non riusciamo a farcene vanto, purtroppo. La notizia pubblicata dai soliti noti (sono così pochi i giornalisti riconoscibili come tali ai neofiti del "mestiere") è chiara: Bruni come de Magistris. Strappato il fascicolo sulla Security Wind(si consiglia la lettura attenta dell'articolo pubblicato da http://www.antimafiaduemila.com/content/view/23644/78/); ma non è una novità.
E' un bel pezzo, ormai, che l'amministrazione della giustizia è nelle mani di alcuni (pochi) magistrati, membri del CSM e politici, tutti accomunati da spregiudicatezza e protervia che riescono a contrastare gli altrettanto pochi magistrati soggetti solo alla Legge grazie al silenzio di tanti magistrati prudenti.
Esistevano già evidenze: 1) nei procedimenti penali tenuti dai PM Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani di Salerno; 2) nelle dichiarazioni rese dal Dr. Bruni (lo stesso cui è stata sottratta l'inchiesta sulla security di Wind, che aveva ereditato l'inchiesta Why Not già del Dr. Luigi de Magistris); 3) in esplicite e documentate denunce presentate alla Procura di Salerno (Dr. Rocco Alfano - sost. proc., Dr. Franco Roberti - proc. capo: gli stessi che hanno "ereditato" i procedimenti penali che già furono di Nuzzi e Verasani); evidenze che mostravano come un'associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari fosse all'opera per operare lo smantellamento delle inchieste "scomode" e la delegittimazione dei magistrati che le avevano in "gestione" (l'espressione è ripetutamente utilizzata dai magistrati inquirenti e non già d'iniziativa dell'odierno cronista).
Nulla è stato fatto, nemmeno le richieste azioni cautelari che avrebbero interrotto l'iter delittuoso (che si sarebbe in tempo ad interrompere ancora oggi). Come è stato possibile? Per il silenzio dei più. Chi ce lo fa fare, deve pensare quella maggioranza silenziosa e costituzionalmente onesta di onesti impiegati statali che tenta di fare il proprio dovere come se la Repubblica Italiana fosse veramente fondata sul lavoro e se l'amministrazione della Giustizia garantisse i diritti inalienabili scritti nelle Leggi e nella Costituzione. Già, chi glielo fa fare. Ma vale per loro come per ciascuno di noi. Chi ce lo fa fare?
Una certezza: ogni arretramento, ogni silenzio, ogni mancata difesa dei diritti costituzionali è un pizzico di libertà che scompare. Come è accaduto per Toghe Lucane. Il silenzio inerte della Procura di Salerno ha consentito di aggravare gli illeciti denunciati e di commetterne degli altri. Quel silenzio di magistrati certamente onesti, quel ritardo di magistrati certamente inerti, produce molti più danni che le scarcerazioni di Adalgisa Rinardo, la scomparsa dell'accertata usura bancaria operata dalla ben nota Procura di Matera, l'abuso della querela come strumento per ingessare i giornalisti scomodi, l'assoluzione nel processo "Marinagri" senza convocare le parti offese.
Chissà se mai il Procuratore Generale di Salerno (S.E. Lucio Di Pietro) valuterà la possibilità di avocare le inchieste ex Nuzzi-Verasani che languono da quasi un anno nelle mani di 4 o 5 sostituti ed un Procuratore Capo dalle eccellenti doti.

1 commento:

  1. Siamo molto preoccupati dell'inerzia della Procura di Salerno in merito a fatti così rilevanti e ringraziamo questo coraggioso giornalista che porta alla nostra attenzione questi avvenimenti.
    Vero è che quello che è accaduto ai magistrati di Salerno Apicella, Nuzzi e Verrasani è stato molto molto "educativo". Ma noi cittadini non vorremmo arrivare a pensare che i magistrati siano così facilmente "educabili", nel qual caso a noi non rimarrebbe che imbracciare i fucili per ottenere giustizia.

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