Le criticabili posizioni del COPASIR, di Rutelli e di molti altri. Ovvero perché è utile conoscere il “Principio di Peter”
- Laurence J. Peter (September 16, 1919 - January 12, 1990) -
“Il principio di Peter” anche noto come “Teoria delle piramidi di Peter” è utile per capire o, quantomeno, per fornire una spiegazione scientifica del perché chi comanda – sia esso il tuo diretto superiore oppure il capo di un’azienda, sino al vertice di un Governo - sia spesso un incompetente. La cosa è tranquillizzante, infatti scoperta la causa si aprono le strade per debellare l’epidemia. Cosa quanto mai opportuna visto che, tanto sul lavoro che nella società, possiamo constatare quanto le cose vadano malissimo nonostante i migliori presupposti (a volte anche questi, i presupposti, non sono dei migliori. Ma questa è un’altra storia). Il Dr. Peter spiega come evitare di raggiungere il proprio livello di incompetenza e vivere serenamente, evitando la terribile sindrome di raggiungimento della posizione finale. Come dice Raymond Hull in una mirabile introduzione alla teoria di Peter: una volta che si sia conosciuto il principio di Peter non si può tornare in una condizione di beata ignoranza: “Non sarete più in grado di venerare i vostri superiori e opprimere i vostri sottoposti. Mai più!”. L’enunciazione del “teorema” di Peter è la seguente: “In una gerarchia ogni membro tende a raggiungere il proprio livello di incompetenza”. Con due corollari: “1. Col tempo, ogni posizione tende a essere occupata da un membro che e’ incompetente a svolgere quel lavoro. 2. Il lavoro viene svolto da quei membri che non hanno ancora raggiunto il proprio livello di incompetenza”. Con quest’ampia premessa diventa poi semplice seguire e capire quanto succede in Italia sin nel particolare quotidiano. Veniamo per esempio alla vicenda “Genchi-De Magistris”. Negli ultimi tempi siamo stati subissati di notizie, si noti che non uso il termine specifico “informazioni”, essendo queste ultime oggettive mentre le prime (le notizie) soggettive e quindi opinabili; notizie quindi che, nella citata vicenda possiamo riassumere brevemente: “Genchi aveva effettuato milioni d’intercettazioni”; “un cittadino italiano su dieci è stato intercettato da Genchi”; “fra i 5 ed i 7 milioni di Italiani intercettati dal super perito Gioacchino Genchi”. Ebbene, premesso che il Dr. Genchi non ha mai effettuato intercettazioni, mai, e che quindi si tratta solamente di tabulati telefonici (chi chiama chi; quanto tempo parlano, data della conversazione), oggi apprendiamo da fonte COPASIR (Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica) che i tabulati acquisiti (legittimamente) dal Dr. Genchi sarebbero 1402 e le utenze telefoniche di cui sarebbero stati individuati gli intestatari 392.000. Anche questa non è un’informazione (per il principio di precauzione), viste le bufale precedenti. Adesso il numero degli italiani coinvolti nell’inchiesta affidata al Dr. Genchi sarebbe di uno ogni centocinquanta, così dice COPASIR. Ma, smontata la prima panzana, eccone subito arrivare un’altra. Il presidente del Copasir (On. Francesco Rutelli) afferma che sarebbe in pericolo nientemeno che lo Stato italiano. in quanto fra i tabulati acquisiti ve ne sarebbero alcuni che riguardano il capo (all’epoca) del Sismi (Servizio segreto militare), altri due agenti (che definire segreti sembra quantomeno anacronistico) e alcune utenze intestate alla Presidenza della Repubblica e ad alcuni ministeri. Rutelli afferma di non voler entrare nel merito, ma, aggiunge che la cosa è gravissima. Prendendo sempre per buone le notizie fornite dal noto esponente politico (di cui non è dato sapere quali competenze specifiche abbia maturato per studi o esperienza diretta) e dai suoi colleghi di commissione (di cui sono note le appartenenze massoniche piuttosto che i curricula scientifici e/o professionali) ci chiediamo come si possa ritenere gravissimo il fatto che un magistrato (ed il perito tecnico nominato da questi) faccia le indagini. Dove sia il “vulnus” se, analizzando i contatti tenuti da una persona indagata, si acquisiscono i tabulati dei numeri telefonici con cui vi sono telefonate. E cosa si voglia rimproverare a chi, dopo aver riscontrato i contatti, acquisisca le generalità degli intestatari di quei telefoni. Sarà pur importante verificare chi e quando intrattiene rapporti telefonici con un indagato? Del resto, come si potrebbero rispettare le guarentigie costituzionali senza conoscere i nomi degli intestatari e quindi verificarne l’appartenenza a categorie “protette”? Mentre, infine, per quanto attiene alla sicurezza dello Stato, sarebbe veramente preoccupante uno Stato in cui chi telefona ad un indagato, solo perché usa un’utenza intestata ad un Ministero oppure alla Presidenza della Repubblica, debba essere tenuto fuori da ogni accertamento che, giova ricordarlo a Rutelli ed a tutti noi, viene effettuato innanzitutto a tutela e nell’interesse della persona (sia che si trovi nello stato d’indagato sia che possa essere sospettato di connivenza, collusione o complicità con l’indagato). Ma questo molti non lo possono sapere, il perché lo lasciamo al Dr. Peter. Il problema dell’Italia, ad ogni buon conto, non è questo. Infatti da noi non si applica il “criterio della meritocrazia” per cui fu coniato il Principio di Peter. Nel nostro caso il livello di incompetenza è originario, cioè i posti nella piramide delle istituzionali pubbliche o fintamente privatizzate, vengono assegnati con criteri di appartenenza politica. Come orgogliosamente rivendicano tutti i leader politici quasi che fosse un loro diritto divino. Per cui già in partenza l’assegnazione dei livelli avviene prescindendo dalla competenza. In questo caso lo Stato non potrà funzionare o lo farà secondo livelli di inefficienza esponenziale. Dando origine a quella che potremmo definire una più realistica esposizione del principio di Peter: incompetenza più incompetenza uguale incompetenza. Qualcosa di paragonabile alle conseguenze sinteticamente paventate dal “Motto di Jones”: “Gli amici vanno e vengono, i nemici si accumulano”. Sono i nemici della libertà e della democrazia. Gl’incompetenti che, accumulandosi, hanno azzerato la credibilità delle istituzioni. La richiesta delle manette, che un noto incompetente avanza nelle ultime ore, disvela quanto lungimirante ed utile sia conoscere il Principio di Peter e magari applicarlo. Sarebbe proprio improponibile verificare quali competenze specifiche hanno presidenti, ministri, direttori generali, magistrati, professori, primari, bidelli e spazzini? E ricollocare ciascuno in un ruolo consono alle proprie capacità professionali e/o manuali? Quando alcune aziende private (negli States, ovviamente) sottoposero a questo genere di test i vertici aziendali, furono costrette a mandarne a casa il 90%. Ma in Italia sarebbero anche di più.
Filippo De Lubac
“Il principio di Peter” anche noto come “Teoria delle piramidi di Peter” è utile per capire o, quantomeno, per fornire una spiegazione scientifica del perché chi comanda – sia esso il tuo diretto superiore oppure il capo di un’azienda, sino al vertice di un Governo - sia spesso un incompetente. La cosa è tranquillizzante, infatti scoperta la causa si aprono le strade per debellare l’epidemia. Cosa quanto mai opportuna visto che, tanto sul lavoro che nella società, possiamo constatare quanto le cose vadano malissimo nonostante i migliori presupposti (a volte anche questi, i presupposti, non sono dei migliori. Ma questa è un’altra storia). Il Dr. Peter spiega come evitare di raggiungere il proprio livello di incompetenza e vivere serenamente, evitando la terribile sindrome di raggiungimento della posizione finale. Come dice Raymond Hull in una mirabile introduzione alla teoria di Peter: una volta che si sia conosciuto il principio di Peter non si può tornare in una condizione di beata ignoranza: “Non sarete più in grado di venerare i vostri superiori e opprimere i vostri sottoposti. Mai più!”. L’enunciazione del “teorema” di Peter è la seguente: “In una gerarchia ogni membro tende a raggiungere il proprio livello di incompetenza”. Con due corollari: “1. Col tempo, ogni posizione tende a essere occupata da un membro che e’ incompetente a svolgere quel lavoro. 2. Il lavoro viene svolto da quei membri che non hanno ancora raggiunto il proprio livello di incompetenza”. Con quest’ampia premessa diventa poi semplice seguire e capire quanto succede in Italia sin nel particolare quotidiano. Veniamo per esempio alla vicenda “Genchi-De Magistris”. Negli ultimi tempi siamo stati subissati di notizie, si noti che non uso il termine specifico “informazioni”, essendo queste ultime oggettive mentre le prime (le notizie) soggettive e quindi opinabili; notizie quindi che, nella citata vicenda possiamo riassumere brevemente: “Genchi aveva effettuato milioni d’intercettazioni”; “un cittadino italiano su dieci è stato intercettato da Genchi”; “fra i 5 ed i 7 milioni di Italiani intercettati dal super perito Gioacchino Genchi”. Ebbene, premesso che il Dr. Genchi non ha mai effettuato intercettazioni, mai, e che quindi si tratta solamente di tabulati telefonici (chi chiama chi; quanto tempo parlano, data della conversazione), oggi apprendiamo da fonte COPASIR (Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica) che i tabulati acquisiti (legittimamente) dal Dr. Genchi sarebbero 1402 e le utenze telefoniche di cui sarebbero stati individuati gli intestatari 392.000. Anche questa non è un’informazione (per il principio di precauzione), viste le bufale precedenti. Adesso il numero degli italiani coinvolti nell’inchiesta affidata al Dr. Genchi sarebbe di uno ogni centocinquanta, così dice COPASIR. Ma, smontata la prima panzana, eccone subito arrivare un’altra. Il presidente del Copasir (On. Francesco Rutelli) afferma che sarebbe in pericolo nientemeno che lo Stato italiano. in quanto fra i tabulati acquisiti ve ne sarebbero alcuni che riguardano il capo (all’epoca) del Sismi (Servizio segreto militare), altri due agenti (che definire segreti sembra quantomeno anacronistico) e alcune utenze intestate alla Presidenza della Repubblica e ad alcuni ministeri. Rutelli afferma di non voler entrare nel merito, ma, aggiunge che la cosa è gravissima. Prendendo sempre per buone le notizie fornite dal noto esponente politico (di cui non è dato sapere quali competenze specifiche abbia maturato per studi o esperienza diretta) e dai suoi colleghi di commissione (di cui sono note le appartenenze massoniche piuttosto che i curricula scientifici e/o professionali) ci chiediamo come si possa ritenere gravissimo il fatto che un magistrato (ed il perito tecnico nominato da questi) faccia le indagini. Dove sia il “vulnus” se, analizzando i contatti tenuti da una persona indagata, si acquisiscono i tabulati dei numeri telefonici con cui vi sono telefonate. E cosa si voglia rimproverare a chi, dopo aver riscontrato i contatti, acquisisca le generalità degli intestatari di quei telefoni. Sarà pur importante verificare chi e quando intrattiene rapporti telefonici con un indagato? Del resto, come si potrebbero rispettare le guarentigie costituzionali senza conoscere i nomi degli intestatari e quindi verificarne l’appartenenza a categorie “protette”? Mentre, infine, per quanto attiene alla sicurezza dello Stato, sarebbe veramente preoccupante uno Stato in cui chi telefona ad un indagato, solo perché usa un’utenza intestata ad un Ministero oppure alla Presidenza della Repubblica, debba essere tenuto fuori da ogni accertamento che, giova ricordarlo a Rutelli ed a tutti noi, viene effettuato innanzitutto a tutela e nell’interesse della persona (sia che si trovi nello stato d’indagato sia che possa essere sospettato di connivenza, collusione o complicità con l’indagato). Ma questo molti non lo possono sapere, il perché lo lasciamo al Dr. Peter. Il problema dell’Italia, ad ogni buon conto, non è questo. Infatti da noi non si applica il “criterio della meritocrazia” per cui fu coniato il Principio di Peter. Nel nostro caso il livello di incompetenza è originario, cioè i posti nella piramide delle istituzionali pubbliche o fintamente privatizzate, vengono assegnati con criteri di appartenenza politica. Come orgogliosamente rivendicano tutti i leader politici quasi che fosse un loro diritto divino. Per cui già in partenza l’assegnazione dei livelli avviene prescindendo dalla competenza. In questo caso lo Stato non potrà funzionare o lo farà secondo livelli di inefficienza esponenziale. Dando origine a quella che potremmo definire una più realistica esposizione del principio di Peter: incompetenza più incompetenza uguale incompetenza. Qualcosa di paragonabile alle conseguenze sinteticamente paventate dal “Motto di Jones”: “Gli amici vanno e vengono, i nemici si accumulano”. Sono i nemici della libertà e della democrazia. Gl’incompetenti che, accumulandosi, hanno azzerato la credibilità delle istituzioni. La richiesta delle manette, che un noto incompetente avanza nelle ultime ore, disvela quanto lungimirante ed utile sia conoscere il Principio di Peter e magari applicarlo. Sarebbe proprio improponibile verificare quali competenze specifiche hanno presidenti, ministri, direttori generali, magistrati, professori, primari, bidelli e spazzini? E ricollocare ciascuno in un ruolo consono alle proprie capacità professionali e/o manuali? Quando alcune aziende private (negli States, ovviamente) sottoposero a questo genere di test i vertici aziendali, furono costrette a mandarne a casa il 90%. Ma in Italia sarebbero anche di più.
Filippo De Lubac
amara considerazione
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