venerdì 6 febbraio 2009

SUMMUM IUS, SUMMA INIURIA

di Giuseppe Panissidi (Ricercatore nell’Università della Calabria)
da Messagero.it del 4 febbraio 2009

E’ ampiamente noto come, da Aristotele a Cicerone, fino all’ambito moderno delle nostre culture e sensibilità, la rigorosa applicazione dei principi del diritto e della giustizia, spinta all’estremo, finisca per rovesciarsi nel suo diretto opposto. Che, non a caso, il sagace Terenzio definisce “malitia”, un lemma assai denso di significati, non solo tecnici. Questo storico assunto, intrinsecamente munito di uno spessore ideale e culturale profondo, può aiutarci a inquadrare correttamente i più recenti sviluppi dell’affaire De Magistris. “La scure del CSM” – secondo la truce metafora mediatica – colpendo energicamente i duellanti di Catanzaro e Salerno, ma soprattutto questi ultimi, ha saputo ristabilire l’ordine infranto della legalità, ossia, in concreto, le prerogative e la credibilità della giurisdizione. Infatti, nelle more della separazione dei pm dall’ordine giudiziario, si è cominciato a separarne qualcuno … dal suo ufficio. “Iniuria” affatto singolare, indubbiamente intrisa di “malitia”, ma del tutto sconnessa dall’estremo rigore giuridico di cui sopra. Ora, ci troviamo fuori dal terreno impervio e defatigante delle opinioni, più o meno fondate e polemiche e faziose. Tralasciamo, per carità di patria, le improvvide esternazioni speculative di un premier, che invoca la “certezza della pena” nella fase procedimentale delle indagini preliminari! Fulgido esempio di cultura della giurisdizione, non solo e non tanto, quanto di percezione e fedeltà allo Stato Costituzionale di diritto! Consideriamo, invece, una fonte meno sospetta e oltremodo istruttiva, quale è la presidenza dell’A.N.M., il sindacato che rappresenta i magistrati, non i pur rispettabili carrettieri. Ebbene, dopo la sospensione del procuratore di Salerno – ad opera di un C.S.M. finalmente unanime, in un paese notoriamente lacerato dai più potenti virus della belligeranza – il rappresentante di quell’associazione ha impartito alla nazione una solenne lezione di diritto e democrazia. E… giurisdizione, appunto. Una lezione memorabile e rivelatrice, anzitutto. Per quel magistrato-delegato-da-magistrati, con i provvedimenti del C.S.M., “la pagina è chiusa”. Il senso del discorso non potrebbe essere più chiaro e confortante. L’intervento dell’organo di autogoverno della magistratura non ha assunto iniziative emergenziali e cautelari, nell’ambito di un procedimento ancora tutto da svolgere e nel quadro delle garanzie previste dall’ordinamento giuridico democratico. Non ha, insomma, scritto la pagina iniziale di un giudizio disciplinare, che (ritualmente) richiede una certa estensione temporale, a scopo preventivo e sul presupposto indefettibile della presunzione di non-colpevolezza. Au contraire, ha istituito una procedura nella quale l’indagine è processo, esito e anche sentenza. A questa “pagina chiusa”, poco meno di una confessione, patentemente ripugna ogni ulteriore commento, ritardati esclusi. Ed è la concreta riprova della segnalata e (largamente) condivisa necessità di un’immediata “certezza della pena”. E la nostra sarebbe una nazione disunita?

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