domenica 1 febbraio 2009

"Roma di travertino, vestita di cartone, saluta l'imbianchino, futuro suo padrone" - Trilussa

Apertura dell’anno giudiziario nel distretto di Potenza, che significa anche Matera, Melfi e Lagonegro; in pratica tutta la Basilicata. Il clima è fintamente disteso. Il Presidente della Corte d’Appello, Ferrara, svolge la sua relazione. Una tranquilla disamina di ciò che non va (molto) e di quello che funziona bene (pochissimo). Si è recuperata la serenità, dice, dobbiamo credergli (?) Non un cenno all’inchiesta “Toghe Lucane” che ha squassato il “suo” distretto giudiziario. Tre o quattro toghe rosse alla sua sinistra c’è il Dr. Iannuzzi, testimone e parte offesa nel procedimento “toghe lucane”. Quattro toghe alla sua destra ci sono S.E. il Dr. Vincenzo Tufano (Procuratore Generale) e Gaetano Bonomi (Sostituto Procuratore Generale) che hanno denunciato Iannuzzi per le dichiarazioni rese quale persona informata dei fatti al Dr. De Magistris (ex) PM in “toghe lucane”, dove i due sono indagati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari. Di fronte al Dr. Ferrara, in prima fila, siede il senatore Filippo Bubbico indagato con Tufano e Bonomi per il medesimo reato e per qualche altra ipotesi criminosa ai danni dello Stato. Al fianco di Bubbico siede Vito de Filippo, Presidente della Giunta Regionale, indagato con Bubbico, Tufano e Bonomi. Associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata, l’accusa per De Filippo. Di fronte a S.E. Ferrara, gli alti gradi dell’Arma dei Carabinieri di Basilicata. Rappresentano l’istituzione (forse) più amata dai cittadini i cui vertici (Gen. Massimo Cetola, Gen. Emanuele Garelli, col. Nicola Improta e col. Pietro Polignano) sono indagati con Tufano, Bonomi, Bubbico, De Filippo per aver tentato di costringere alcuni ufficiali dei carabinieri loro subalterni a mentire e ritrattare testimonianze rese davanti al procuratore capo di Potenza (all’epoca) Dr. Giuseppe Galante. Poco più dietro i carabinieri, siede Giuseppe Chieco, Procuratore Capo di Matera. Anche lui è indagato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari in buona compagnia con Tufano, Bonomi, Bubbico, De Filippo, Cetola, Garelli, Improta e Polignano. Sulla destra di Ferrara, a mezza sala, siede Emilio Nicola Buccico, sindaco di Matera, già senatore, già membro del Consiglio Superiore della Magistratura, già “strenuo difensore della legalità” come scrisse di lui la Suprema Corte di Cassazione. Anche Buccico è indagato in “toghe lucane” di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari. In ultima fila, in piedi, l’avvocato Giuseppe Labriola, già presidente dell’ordine forense di Matera, già iscritto nella “lista Cordova” dei massoni lucani. Stesso procedimento e medesime ipotesi di reato del suo “maestro” (così lo definì in una intervista giornalistica) Emilio Nicola Buccico. Ecco, questa era una parte consistente della platea e dello stesso palco da cui parlava Ferrara. E nulla ha detto di un’inchiesta che ha stravolto l’intero mondo giudiziario lucano, circondato com’era dagli indagati. Altrettanto surreale l’atmosfera in cui ha parlato il PG Tufano. “Tutto si sta aggiustando”, dice ad un certo punto e non si capisce cosa intenda. A noi risulta, per esempio, che il sequestro del cantiere Marinagri, atto dell’inchiesta “Toghe Lucane” sia stato confermato in tutti i gradi di giudizio, Cassazione compresa. Ma oggi (31.01.2009) non si parla di fatti, né di atti concreti, né di persone o di magistrati sospettati di gravissimi reati. Oggi si parla di opinioni, ognuno esprime la sua come se si parlasse di punto a croce, qualcosa di mille miglia lontano dal mondo giudiziario lucano. Quello che si dice nell’aula Grippo è una via di mezzo fra una uggiosa giornata londinese ed una novella di Pirandello. Per qualche attimo viene il dubbio di essere su un pianeta extra-solare. E Tufano esprime le sue di opinioni, peraltro reiterate nel tempo. Lo dice egli stesso che sono quattro anni che va ripetendo le stesse cose. Come se nulla fosse accaduto. Come se in quattro anni non fosse cambiato il patrimonio di conoscenze sui magistrati e sui delinquenti dal colletto bianco. Come se non si trovasse a parlare dello stato dell’amministrazione della giustizia in Basilicata in un aula con una decina di suoi sospetti correi in associazione per delinquere per corruzione in atti giudiziari. Come se non fosse inchiodato da telefonate e testimonianze inequivocabili che lo accusano di essere l’organizzatore di un’opera sistematica tesa a delegittimare i suoi stessi sostituti procuratori. S’intercetta troppo, lascia intendere. Colpa di alcuni sostituti, dice. Come se le intercettazioni le disponessero i sostituti che, invece, si limitano a chiederne l’autorizzazione al Gip. Bisognerebbe limitare l’uso di questo strumento perché, tra l’altro, costa troppo. E cosa taglierebbe, l’Eccellenza Ill.ma Dr. Tufano? Non lo dice. Quali sono le intercettazioni di troppo? Forse quelle di Bonomi che parla col generale tale e chiede di convincere il tenente tal’altro a spergiurare? Oppure quelle del generale Sempronio che informa di aver trasferito il tenente Caio “così impara, la prossima volta, chi comanda”? Non entra nel particolare S.E. il Dr. Tufano. Per lui le intercettazioni si misurano a chili. Un chilo è troppo, mezzo chilo va bene. Cosa ci sia dentro non importa, anzi, importa che non si sappia. Attenzione, bisogna scoprire e punire chi divulga le conversazioni telefoniche e, soprattutto, impegnarsi a scoprire chi le rivela. Non importa il loro contenuto, non rileva se vengono pubblicate quando il segreto istruttorio è cessato. Nemmeno ci si pone il problema se si tratta di fatti di specifico interesse pubblico. La Basilicata è ridotta ad un cumulo di sofferenza e precarietà, ma l’immoralità dei politici che pretendono di gestire orti ed orticelli clientelari non si deve conoscere. Le intercettazioni non si devono conoscere, punto e basta. La sua relazione finisce con fragorosi applausi. Buccico è scatenato, batte rapidamente le mani enormi, gli trema la pancia prominente. Per forza, buona parte del pubblico erano suoi correi, in ipotesi, solo in ipotesi. Stessa situazione (identica) presso la Corte d'Appello di Catanzaro. Iannelli, PG trasferito per aver firmato un atto eversivo (sequestro delle presunte prove a suo carico), è stato applaudito dai magistrati presenti. Ecco cosa rappresenta la toga rossa che tutti indossano, è la vergogna per la codardia di chi oppone un vile silenzio alla roboante tracotanza di questi nemici della costituzione. "Roma di travertino, vestita di cartone, saluta l'imbianchino, futuro suo padrone". Trilussa si sbagliò, sbagliano anche coloro che non riescono nemmeno a mantenere le braccia conserte. Per ora!

1 commento:

  1. Povera Calabria! Le inaugurazioni dell'Anno Giudiziario nei distretti delle Corti calabresi tracciano un quadro desolante delle condizioni cui versa la giustizia nella nostra regione! Le cause? Identiche a quelle rilevati negli anni precedenti! Per il Procuratore Generale di Catanzaro: “le forze politiche non debbono occupare le istituzioni, gli organi di garanzia debbono vigilare e colpire, senza riguardo ai colori di bandiera; la magistratura deve funzionare come organo di controllo della legalità e la stampa deve imparare meglio e di più il suo ufficio di contro potere” (tranquilli, non è l'intervento di de Magistris, dopo il trattamento ricevuto, per essersi attenuto, nell'esercizio delle sue funzioni in quel di Catanzaro, rigorosamente a tali principi, bensì il procuratore Generale Jannelli, tra coloro che, per questo, lo hanno crocifisso); a Reggio Calabria, invece, il Presidente della Corte d'Appello Gueli ribadisce il ruolo della Ndrangheta che in maniera del tutto incontrastata continua a controllare il 40% dell'economia calabrese; quindi, tutti gli intervenuti, a seguire, si son detti d'accordo che la giustizia dovrebbe essere attrezzata di tutto punto se si vuole puntare a uscire vincitori nello scontro con il mostro che si chiama Ndrangheta, oramai unanimemente (e per fortuna) riconosciuta come l'organizzazione più pericolosa esistente al mondo. Mi viene il dubbio che questi Signori Ermellinati quando parlano di Ndrangheta si riferiscano all'esercito di Sindaci, consiglieri comunali, provinciali, regionali, delle Comunità montane, degli CdA delle aziende pubbliche e/o dei direttori generali; poi ancora deputati, senatori e pubblici amministratori; oltre naturalmente a prefetti, questori, marescialli, capitani, colonnelli, generali e carabinieri e poliziotti in genere. Senza escludere, ovviamente, servizi segreti e addetti agli Uffici del contro potere, menzionato da Jannelli! Ecco, Procuratori e Presidenti, cosa aveva scoperto de Magistris! Aveva scoperto la Ndrangheta, quella vera! E Voi, neanche una parola, avete riservato a quest'Uomo: VERGOGNA!!!
    b

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