Sono passati alcuni giorni dal pronunciamento della Corte Costituzionale sul "Lodo Alfano" e (forse) possiamo guardare dalla giusta distanza l'immagine che ne deriva. E' proprio così, i quadri vanno guardati dalla giusta distanza: se troppo da vicino si colgono solo alcuni particolari, perdendone la visione d'insieme; se troppo da lontano, l'immagine appare sfocata, indefinita, incomprensibile.
Adesso, invece, il quadro dell'Italia nelle sue più alte istituzioni appare in tutta la sua tragica precisione:
1) Qualcuno assicura a Berlusconi che il "Lodo" passerà. Non sulla base del diritto, della legge, della Costituzione ma per via di sollecitazioni, pressioni, inciuci. Berlusconi ci dice anche chi avrebbe dato un siffatta garanzia: Giorgio Napolitano. Che sia vero o meno, per il capo del Governo la prassi è assolutamente "normale", la via praticabile. Che la Corte Costituzionale decida sulla base delle pressioni (vere o presunte) di Napolitano gli va proprio bene: non è la costituzione che si deve tutelare ma gli interessi di un potere. Di un gruppo di potere che dialoga e media con l'altro gruppo di potere. Le Istituzioni della Repubblica sono strumento per amministrare gli interessi di alcuni, non quelli preminenti del Popolo;
2) Tutti sanno che quello che dice Berlusconi è vero, lo sanno perché tutti praticano il relativismo istituzionale e ne godono ampiamente. Quando si è trattato di bloccare le inchieste di Luigi de Magistris, il Presidente Napolitano, il Consiglio Superiore della Magistratura, i governi (Berlusconi, Prodi e Berlusconi) ed i vari Ministri della Giustizia (Castelli, Mastella, Scotti e Alfano), la Suprema Corte di Cassazione, l'Associazione Nazionale Magistrati, i vertici della Procura di Catanzaro e di Potenza, le segreterie di tutti i partiti dell'arco costituzionale (esclusa la sola IdV), hanno calpestato i Codici, le Leggi, la logica e persino il buon senso. "Colleghi dove eravate?" ha scritto un coraggioso magistrato (Gabriella Nuzzi), richiamando le responsabilità di quanti hanno avuto in mano le evidenze probatorie degli abusi commessi con il "visto si proceda" esplicito del Presidente Napolitano. "Colleghi dove siete?", verrebbe da dire oggi dopo quello che abbiamo appreso dalla viva voce del Cavaliere (circa la sensibilità alle pressioni politiche dei Giudici della Corte Costituzionale) e da quella dell'ex ministro Claudio Martelli (circa le trattative Stato-Mafia, che poi in realtà sono Stato-Mafia-Massoneria, stando agli atti giudiziari noti;
3) Il primo ministro è, di fatto, prigioniero di tutti: a) dei suoi alleati di coalizione che potrebbero sfiduciarlo in qualsiasi momento giustificando anche bene la cosa; b) dell'opposizione che potrebbe chiederne la testa su un piatto d'argento viste le abominevoli ammissioni sul piano della correttezza istituzionale e le esplicite "minacce" di rivelare per intero la vicenda "Napolitano"; c) dei giudici del Tribunale di Milano che, condannandolo per la vicenda "Mills", ne decreterebbero la fine politica; d) dei leader degli altri paesi G8, G20, G40 e G-vattelapesca che, potendolo ridicolizzare in qualsiasi occasione per l'affaire "escort", lo tengono, come si suol dire, "per le palle". Un pupazzo, ostaggio di tutti e prigioniero del proprio orgoglio e della terribile solitudine in cui si è ridotto;
4) Il Presidente Napolitano che di fatto (vedi "sparata" a Lagonegro verso un cittadino che gli chiedeva di non firmare la Legge sullo Scudo Fiscale) abdica alle funzioni di custode della Costituzione. Atteggiamento confermato anche in occasione della firma per promulgare il Lodo Alfano. Le scuse addotte e abbracciate da maggioranza ed opposizione (sempre escludendo il prode Di Pietro) sono giuridicamente infondate e umanamente infantili. Del resto, fuor di ipocrisia, un parlamentare che approvò l'intervento russo per soffocare nel sangue la Primavera di Praga, non può cavarsela dicendo di aver sbagliato. Quantomeno dovrebbe riconoscere di non poter aspirare alla tutela del Costituzione di un Paese democratico. I comportamenti tenuti durante l'intera vicenda "De Magistris" e le posizioni assunte durante la "guerra tra le Procure di Salerno e Catanzaro", confermano che dai tempi di Alexander Dubček, Napolitano non è poi cambiato molto. La sensibilità istituzionale e costituzionale, del resto, Napolitano l'aveva dimostrata ignorando di fatto l'appello di 600 cittadini affinchè venissero trasferiti (almeno) due magistrati lucani (Giuseppe Chieco e Vincenzo Tufano) in palese stato d'incompatibilità funzionale ed ambientale per loro stessa esplicita ammissione.
E mentre il relativismo istituzionale consente a ciascun potentato di continuare a sviluppare i propri interessi e la Repubblica affonda:
1) si continua a pompare il petrolio lucano senza che sia mai stato chiarito chi controlla i quantitativi estratti. Si tratta del più grande giacimento continentale d'Europa, forse in grado da solo di ripianare il debito pubblico italiano;
2) si continua ad inquinare il Sud Italia con rifiuti tossico-nocivi e radioattivi, senza preoccuparsi minimamente della rimozione di quelli già scoperti;
3) si finge di non vedere la crisi della proba popolazione meridionale, troppo dignitosa per ammettere di essere ridotta alla fame.
Chi ha orecchie per udire, intenda!
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