Buccico, durante l'interrogatorio, rivolgendosi al PM Vincenzo Capomolla: “I magistrati, tutti – non lo so se lei sia una eccezione – fanno esposti. È una cosa da malati mentali”.
Un lavoro immane, improbo. Quello che s'inizia ad intravedere dell'opera di Vincenzo Capomolla, magistrato e Pubblico Ministero, affidatario del procedimento penale più conosciuto della Procura della Repubblica di Catanzaro: “Toghe Lucane”. Qualche settimana fa, suscitò un certo scalpore la notizia che per la quasi totalità degli indagati, il PM avesse chiesto l'archiviazione. Oggi si comincia ad intravedere con chiarezza come il PM ha operato. Per prima cosa ha mischiato le carte. Il Dr. De Magistris aveva redatto l'atto di chiusura delle indagini che accompagnava duecentomila pagine e alcune centinaia di CD. Vincenzo Capomolla ha smontato tutto, persino le cartelline dei fascicoli, e poi ha rimontato a suo piacimento. Risultato? Il primo è che, chi aveva studiato i fascicoli e gli atti di Toghe Lucane (avendone titolo, s'intende), fatica a ritrovare atti, indizi e prove. Un secondo è che, almeno al primo approccio, le frasi generiche e apodittiche con cui Capomolla sostiene le proprie tesi archiviatorie, risultano difficili da confutare con elementi certi e concreti. Ma è solo questione di tempo, cercando nel mare magnum di documenti, tutto rispunta come per incanto. Mentre, quello che ad oggi risulta mancante, prima o poi rispunterà in qualche faldone creato dal “metodo Capomolla”. Fortunatamente, alcuni avevano già provveduto ad “estrarre” gli atti e le evidenze probatorie fondamentali che, di conseguenza, non potranno risultare introvabili. Poi vi sono atti che sembrano incongruenti. De Magistris scriveva in data 1.8.2008 che avrebbe disposto lo stralcio delle posizioni di tre indagati per chiederne l'archiviazione. Capomolla aggiunge: “nonchè a carico di Granese Iside, Buccico Emilio Nicola, Caruso Attilio, Tufano Vincenzo e Chieco Giuseppe”. Ma del suo personalissimo “nonché”, lascia la paternità a De Magistris. Perché? Dopo aver mischiato il mazzo, Capomolla distribuisce le carte e inizia la partita per la maxi-archiviazione. Nuova partita e nuovo cartaro. Gli interrogatori degli indagati, che durante la gestione De Magistris venivano effettuati in presenza di componenti della Polizia Giudiziaria che avevano condotto le indagini, Capomolla li tiene facendosi assistere dal suo cancelliere-segretario. Degnissima persona che non ha mai condotto un'indagine in vita sua. Il risultato è un monologo in cui l'indagato contesta le accuse raccontando “la sua verità”. Non una sola contestazione, non una sola contraddizione che venga rilevata, nemmeno mai una richiesta di chiarimento. Parlano da Capomolla: Buccico, Chieco, Tufano, Genovese. Mai, dico mai, che venga loro contestata solo una delle decine di contraddizioni in cui incappano. Ma v'è ben di più. Capomolla non mostra nemmeno un sussulto di dignità quando Buccico afferma: “I magistrati, tutti – non lo so se lei sia una eccezione – fanno esposti. È una cosa da malati mentali”. Ora, è pur vero che benevolmente al Dr. Capomolla che era presente alla verbalizzazione, Buccico lascia il beneficio del dubbio, ma è altrettanto evidente che il giudizio dell'imputato sull'intera magistratura è gravissimo: sono tutti malati mentali. Il Dr. Capomolla nulla dice e precisa né per confermare di essere, eventualmente, una eccezione né per difendere il prestigio ed il decoro dei suoi colleghi “malati mentali” (tutti!). Poteva Capomolla disporre liberamente dei faldoni lasciati in “eredità” dal Dr. Luigi de Magistris? Certamente poteva stabilire per quali reati chiedere l'archiviazione e per quali altri no. Ma questo suo operato andrà sottoposto al Gip, sperando che sia anch'esso un'eccezione rispetto a tutti gli altri “malati mentali” di cui si duole Emilio Nicola Buccico.
Un lavoro immane, improbo. Quello che s'inizia ad intravedere dell'opera di Vincenzo Capomolla, magistrato e Pubblico Ministero, affidatario del procedimento penale più conosciuto della Procura della Repubblica di Catanzaro: “Toghe Lucane”. Qualche settimana fa, suscitò un certo scalpore la notizia che per la quasi totalità degli indagati, il PM avesse chiesto l'archiviazione. Oggi si comincia ad intravedere con chiarezza come il PM ha operato. Per prima cosa ha mischiato le carte. Il Dr. De Magistris aveva redatto l'atto di chiusura delle indagini che accompagnava duecentomila pagine e alcune centinaia di CD. Vincenzo Capomolla ha smontato tutto, persino le cartelline dei fascicoli, e poi ha rimontato a suo piacimento. Risultato? Il primo è che, chi aveva studiato i fascicoli e gli atti di Toghe Lucane (avendone titolo, s'intende), fatica a ritrovare atti, indizi e prove. Un secondo è che, almeno al primo approccio, le frasi generiche e apodittiche con cui Capomolla sostiene le proprie tesi archiviatorie, risultano difficili da confutare con elementi certi e concreti. Ma è solo questione di tempo, cercando nel mare magnum di documenti, tutto rispunta come per incanto. Mentre, quello che ad oggi risulta mancante, prima o poi rispunterà in qualche faldone creato dal “metodo Capomolla”. Fortunatamente, alcuni avevano già provveduto ad “estrarre” gli atti e le evidenze probatorie fondamentali che, di conseguenza, non potranno risultare introvabili. Poi vi sono atti che sembrano incongruenti. De Magistris scriveva in data 1.8.2008 che avrebbe disposto lo stralcio delle posizioni di tre indagati per chiederne l'archiviazione. Capomolla aggiunge: “nonchè a carico di Granese Iside, Buccico Emilio Nicola, Caruso Attilio, Tufano Vincenzo e Chieco Giuseppe”. Ma del suo personalissimo “nonché”, lascia la paternità a De Magistris. Perché? Dopo aver mischiato il mazzo, Capomolla distribuisce le carte e inizia la partita per la maxi-archiviazione. Nuova partita e nuovo cartaro. Gli interrogatori degli indagati, che durante la gestione De Magistris venivano effettuati in presenza di componenti della Polizia Giudiziaria che avevano condotto le indagini, Capomolla li tiene facendosi assistere dal suo cancelliere-segretario. Degnissima persona che non ha mai condotto un'indagine in vita sua. Il risultato è un monologo in cui l'indagato contesta le accuse raccontando “la sua verità”. Non una sola contestazione, non una sola contraddizione che venga rilevata, nemmeno mai una richiesta di chiarimento. Parlano da Capomolla: Buccico, Chieco, Tufano, Genovese. Mai, dico mai, che venga loro contestata solo una delle decine di contraddizioni in cui incappano. Ma v'è ben di più. Capomolla non mostra nemmeno un sussulto di dignità quando Buccico afferma: “I magistrati, tutti – non lo so se lei sia una eccezione – fanno esposti. È una cosa da malati mentali”. Ora, è pur vero che benevolmente al Dr. Capomolla che era presente alla verbalizzazione, Buccico lascia il beneficio del dubbio, ma è altrettanto evidente che il giudizio dell'imputato sull'intera magistratura è gravissimo: sono tutti malati mentali. Il Dr. Capomolla nulla dice e precisa né per confermare di essere, eventualmente, una eccezione né per difendere il prestigio ed il decoro dei suoi colleghi “malati mentali” (tutti!). Poteva Capomolla disporre liberamente dei faldoni lasciati in “eredità” dal Dr. Luigi de Magistris? Certamente poteva stabilire per quali reati chiedere l'archiviazione e per quali altri no. Ma questo suo operato andrà sottoposto al Gip, sperando che sia anch'esso un'eccezione rispetto a tutti gli altri “malati mentali” di cui si duole Emilio Nicola Buccico.
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