Sul funzionamento del Parlamento Italiano abbiamo acquisito qualche elemento in più, così per conoscere, forse anche per sorriderci su. Apprendiamo fatti strabilianti dalla pubblicazione degli atti relativi alla mancata concessione dell’autorizzazione all’arresto dell’On. Salvatore Margiotta da parte della Giunta per le Autorizzazioni a Procedere della Camera dei Deputati. Ricordiamo, a chi venisse da altri pianeti, che la richiesta scaturì nell’ambito dell’inchiesta “Totalgate” (sospetto di tangenti e turbativa d’asta nell’assegnazione degli appalti legati allo sfruttamento dei giacimenti petroliferi di “Tempa Rossa” – Gorgoglione (Mt) – Italy) ed era conseguenza di un provvedimento richiesto dal PM potentino Henry John Woodcock ed emesso dal GIP del Tribunale di Potenza, Rocco Pavese. Lo stesso provvedimento aveva già portato in carcere ovvero agli arresti domiciliari altri indagati non protetti dall’immunità parlamentare. Con un vero e proprio abuso, la giunta per le autorizzazioni e successivamente il parlamento hanno rigettato la richiesta Woodcock-Pavese e non perché (cosa che sarebbe legittima, opportuna ed auspicabile) l’onorevole fosse politicamente discriminato e perseguitato nell’esercizio delle sue funzioni parlamentari, bensì per il solo fatto che egli si sente perseguitato personalmente da Woodcock. Le prove delle persecuzione? Comiche, come anticipato. Esiste innanzitutto una dichiarazione che inchioda Woodcock, la pronuncia Salvatore Margiotta in sede di commissione incalzato da un parlamentare leghista (Brigandì) alla domanda “Lei ritiene che la vicenda sia caratterizzata da un fumus persecutionis nei suoi confronti?”, risponde secco: “Sì”. Una sorta di autocertificazione, viva Bassanini e lo snellimento delle procedure che sgravano uffici ed evitano inutili code. D’ora in poi le prove a discarico le otteniamo nella forma dell’autocertificazione assolutoria: “Lei è colpevole? No. Firmi questo modulo, può andare”. Ci sembra una trovata fantastica, migliaia di processi potrebbero durare lo spazio di un mattino. Ma il parlamento sembra essere diventato una fonte inesauribile di gag, ed ecco le ulteriori argomentazioni che annichiliscono l’operato del temuto Woodcock e del GIP Pavese. Le fornisce un altro protagonista del dibattito parlamentare Antonio Leone (Popolo della Libertà). Informa i suoi colleghi che Woodcock in passato ha più volte indagato su politici e già questo, secondo lui, la dice lunga. Come se non bastasse, il terribile PM, ha indagato più volte lo stesso Margiotta giungendo addirittura (il colmo per un PM) a chiedere al parlamento l’utilizzo delle intercettazioni telefoniche in cui Margiotta sembrava organizzare il compimento di alcuni reati. Una persona indagata più volte dal medesimo magistrato diventa automaticamente una vittima, un perseguitato. Nulla vale che i reati di abuso contestati al Margiotta siano confermati da elementi documentali, nemmeno il sospetto che l’esponente del PD lucano possa essere semplicemente un recidivo. Ma l’aspetto veramente a detta dell’On. Leone è che: “Il Woodcock avanzò altresì domanda di utilizzo di intercettazioni telefoniche di conversazioni tra il Margiotta medesimo e la di lui moglie, in barba al motto popolare per cui >”. Un magistrato che arriva a contraddire un motto popolare, un proverbio frutto di antica saggezza popolare, dove mai potrà portarci? Risultato: per tutti questi gravissimi motivi, Margiotta è un perseguitato politico e non può essere arrestato. Cosa dire agli altri cittadini che per gli stessi motivi e con gli stessi atti sono finiti agli arresti in carcere o ai domiciliari? Potremmo cavarcela con un “aiutati che il ciel t’aiuta”, oppure “col tempo e con la paglia maturano le nespole”. Se non proprio col classico “campa cavallo che l’erba cresce”. Ma sarebbe mortificante, forse ancor più della constatazione che “la Legge non è più Uguale per Tutti” ed i diritti costituzionali sono calpestati, irrisi e sbeffeggiati da quattro personaggi pittoreschi vestiti da parlamentari. E non si azzardi l’On. Antonio Leone a querelarci, lo dice il proverbio: “vesti ‘cippone’ (grosso ceppo, ndr) che pare barone”. “Onorevole, tsé, mi faccia il piacere” e, mi consenta un saluto aderente alla sua esilarante filosofia dei motti popolari: “fesso chi legge”!
Filippo De Lubac
Filippo De Lubac
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