Con i moralisti riempiremo l'Inferno
Apriamo questo spazio d'incontro e discussione riportando un articolo pubblicato a pagina 5 del settimanale "Il Resto" il 1° settembre 2007. Ci è sembrato, oggi, più attuale ancora di quanto non lo fosse un anno fa. L'indagine Toghe Lucane è stata chiusa dal Sostituto Procuratore di Catanzaro Dr. Luigi De Magistris con una teoria d'indagati eccellenti sospettati di reati gravissimi. Sui numeri del 30 agosto e 6 settembre (2008) de "Il Resto" troverete un'ampia documentazione in merito (www.ilresto.info/7.htmlhttp://www.piccenna.it/ir/pdf/2008-09-06_ilresto.pdf). E questo rende ancora più urgente quella domanda di giustizia e di verità di cui scrivevamo nell'articolo che riportiamo. Soprattutto, resta fondamentale l'invito ad imparare a leggere ciò che l'esemplificazione in negativo di Berlicche suggerisce.
La verità è il destino per cui siamo stati fatti
Con gli occhi ed il cuore ancora pieno dei volti del popolo del Meeting per l'Amicizia dei Popoli, tradizionale kermesse riminese di fine agosto, torniamo all'ordinaria pratica dell'ingrato compito che ci siamo assunti. Certo che la focalizzazione sulla verità, il titolo/tema era appunto “La verità è il destino per cui siamo stati fatti”, sembrava pensato apposta per rispondere agli inquietanti interrogativi suscitati dai recenti fatti di cronaca giudiziaria che hanno coinvolto il nostro giornale e alcune fra le testate d'informazione più significative nel panorama italiano. Specie dopo le ultime affermazioni udite in dibattimento (Tribunale del Riesame) dalla D.ssa Annunziata Cazzetta, sostituto procuratore presso il Tribunale di Matera e protagonista dell'inchiesta sulla presunta associazione per delinquere formata da giornalisti e carabinieri (uno per la verità, il capitano Pasquale Zacheo) che hanno agito per oltre un anno con lo specifico scopo di diffamare il Sen. Emilio Nicola Buccico. Il magistrato materano, replicando alle contestazioni dei difensori dei giornalisti, aveva sostenuto: “si può anche dire la verità, ma se lo si fa con un certo sarcasmo si sfocia nella diffamazione”. Strano (giuridicamente parlando) concetto di diffamazione, il reato si consumerebbe a discrezione del PM, arbitro che stabilisce quanto vale (o quando si supera) quel “certo sarcasmo”. Ma è un segno dei tempi. Oggi che si teorizza l'esistenza di molte verità (facendo invero confusione con le opinioni) e qualcuno arriva a dire che anche la verità è relativa, il magistrato ci svela che nemmeno più importa se quanto si scrive sia un fatto vero. Bene! Ma al primo e immediato conforto di quei volti, sconosciuti e così familiari che solo in un popolo si possono incontrare, si aggiungeva la sorpresa della omelia alla Messa festiva celebrata dal cardinal Tarcisio Bertone. Nella parte riportata dopo la diretta televisiva, il segretario di Stato citava uno dei modi più subdoli con cui il Maligno attacca la verità, la sua relativizzazione. E citava una delle celeberrime “Lettere di Berlicche” tratta dall'omonimo romanzo di C. S. Lewis. (Berlicche è un diavolo esperto che in uno stringente rapporto epistolare con suo nipote, il giovane diavolo custode Malacoda, gli fornisce preziosi consigli per condurre l'anima del suo assistito alla perdizione eterna). Proprio la stessa che avevamo già pubblicato sul nostro settimanale il 9 settembre del 2006. Abbiamo creduto opportuno riproporla all'attenzione dei nostri lettori. Crediamo possa aiutare molto più dei nostri balbettii a capire cosa è veramente in ballo oggi, dietro la vergognosa opera di intimidazione e privazione della libertà d'informazione che è stata posta in essere in danno nostro e di alcuni prestigiosi colleghi. Torniamo al lavoro sereni per aver rivisto che la speranza, la gioia e la giustizia non sono illusioni per caratteri deboli e bacchettoni fessi ma la realtà concreta attraverso cui si svela il destino per cui siamo stati fatti. Poiché esso ci viene incontro non attraverso i trattati di filosofia e nemmeno per il tramite delle massime giurisprudenziali, ma per mezzo di volti umani. Lieti anche nella sofferenza e testimoni di una verità che non è relativa, tanto da compiere sino in fondo il destino dell'uomo.
piccenna@hotmail.com
Mio caro Malacoda, confondere, confondere, confondere. Non mi interessa se il tuo paziente adesso si dice cristiano. Cristiano, ateo, agnostico, teista... lascia che si definisca come meglio crede, l’importante è, mentre si sente assolutamente sicuro di sé, che abbia le idee confuse. Non ti preoccupare se è uomo di saldi princìpi, anzi, per noi sono i migliori; preoccupati, e seriamente, quando nella sua mente si fa strada la percezione che qualche cosa sia vero. Devi tenerlo a tutti i costi lontano dall’idea che una cosa o una persona sia indubitabilmente e in modo inattaccabile esattamente quello che appare alla vista. C’è un modo pressoché infallibile per distoglierlo da questa posizione pericolosa, insinuargli quotidianamente che il problema di fondo è la questione morale (avremo tempo per imparare a sfruttare come si deve questa parola, perché anche il Nemico sa usarla per la sua causa, per ora ricordati che quella sua fissazione di volere che gli uomini siano liberi può essere il suo punto debole). Quindi, se per esempio il tuo paziente, come mi hai scritto nel tuo ultimo rapporto, incontra delle persone che lo colpiscono, qualcuno per il quale provi un genuino interesse anche solo intellettuale, fa’ in modo che non si ponga mai la domanda «Chi è?», ma piuttosto: «Come si comporta?». Questa attitudine deve manifestarsi anche nelle attività intellettuali. L’altro giorno hai perso un’occasione d’oro. Quell’articolo de “Il Resto” (in origine era “Wall Street Journal”, ndr) sulla situazione materana (nel testo di C. S. Lewis si legge “internazionale”, ndr) gli stava chiarendo le idee, non dovevi permettergli di arrivare alla fine. In situazioni simili devi intervenire non appena inizia a muovere leggermente su e giù la testa e far correre il suo occhio direttamente alla fi rma: «Ah...». In quell’attimo ti giochi tutto, un istante di sospensione dell’assenso e ti infili con la più efficace delle domande: «Cui prodest ?», e a ruota: «Senti da che pulpito» (tutti hanno un’incoerenza a cui essere impiccati), e poi in crescendo: «Ma chi lo paga?». Fa’ che in quel momento non pensi al suo stipendio e meno che mai a quel locale ereditato dalla zia e affittato in nero a sei studenti universitari, (o a quel nobile circolo di giocatori di poker e chemen de fer incalliti, ndr) ma si fissi con indignazione sul conto corrente della grande firma e non su quello che ha scritto. A questo punto puoi lasciarlo divagare, pensi quello che vuole, faccia tutti i collegamenti logici che vuole. Il Nemico chiama sprezzantemente questa attività «arzigogoli della mente», non li sopporta, e invece sono il nostro trionfo. A questo punto il tuo paziente avrà sollevato lo sguardo dalla pagina che ha di fronte, lo avrà fi ssato in un punto indefinito, per “concentrarsi”. In realtà non sta guardando più nulla, non ha più niente davanti ai suoi occhi, quelle parole che lo avevano sorpreso per la loro nettezza sono lontane, sfocate... abbandonato ogni rapporto con la realtà, piegherà il giornale e lo butterà con fastidio sul tavolino: «La solita propaganda diffamatoria!». Alla settimana prossima. Tuo affezionatissimo zio. Berlicche
Apriamo questo spazio d'incontro e discussione riportando un articolo pubblicato a pagina 5 del settimanale "Il Resto" il 1° settembre 2007. Ci è sembrato, oggi, più attuale ancora di quanto non lo fosse un anno fa. L'indagine Toghe Lucane è stata chiusa dal Sostituto Procuratore di Catanzaro Dr. Luigi De Magistris con una teoria d'indagati eccellenti sospettati di reati gravissimi. Sui numeri del 30 agosto e 6 settembre (2008) de "Il Resto" troverete un'ampia documentazione in merito (www.ilresto.info/7.htmlhttp://www.piccenna.it/ir/pdf/2008-09-06_ilresto.pdf). E questo rende ancora più urgente quella domanda di giustizia e di verità di cui scrivevamo nell'articolo che riportiamo. Soprattutto, resta fondamentale l'invito ad imparare a leggere ciò che l'esemplificazione in negativo di Berlicche suggerisce.
La verità è il destino per cui siamo stati fatti
Con gli occhi ed il cuore ancora pieno dei volti del popolo del Meeting per l'Amicizia dei Popoli, tradizionale kermesse riminese di fine agosto, torniamo all'ordinaria pratica dell'ingrato compito che ci siamo assunti. Certo che la focalizzazione sulla verità, il titolo/tema era appunto “La verità è il destino per cui siamo stati fatti”, sembrava pensato apposta per rispondere agli inquietanti interrogativi suscitati dai recenti fatti di cronaca giudiziaria che hanno coinvolto il nostro giornale e alcune fra le testate d'informazione più significative nel panorama italiano. Specie dopo le ultime affermazioni udite in dibattimento (Tribunale del Riesame) dalla D.ssa Annunziata Cazzetta, sostituto procuratore presso il Tribunale di Matera e protagonista dell'inchiesta sulla presunta associazione per delinquere formata da giornalisti e carabinieri (uno per la verità, il capitano Pasquale Zacheo) che hanno agito per oltre un anno con lo specifico scopo di diffamare il Sen. Emilio Nicola Buccico. Il magistrato materano, replicando alle contestazioni dei difensori dei giornalisti, aveva sostenuto: “si può anche dire la verità, ma se lo si fa con un certo sarcasmo si sfocia nella diffamazione”. Strano (giuridicamente parlando) concetto di diffamazione, il reato si consumerebbe a discrezione del PM, arbitro che stabilisce quanto vale (o quando si supera) quel “certo sarcasmo”. Ma è un segno dei tempi. Oggi che si teorizza l'esistenza di molte verità (facendo invero confusione con le opinioni) e qualcuno arriva a dire che anche la verità è relativa, il magistrato ci svela che nemmeno più importa se quanto si scrive sia un fatto vero. Bene! Ma al primo e immediato conforto di quei volti, sconosciuti e così familiari che solo in un popolo si possono incontrare, si aggiungeva la sorpresa della omelia alla Messa festiva celebrata dal cardinal Tarcisio Bertone. Nella parte riportata dopo la diretta televisiva, il segretario di Stato citava uno dei modi più subdoli con cui il Maligno attacca la verità, la sua relativizzazione. E citava una delle celeberrime “Lettere di Berlicche” tratta dall'omonimo romanzo di C. S. Lewis. (Berlicche è un diavolo esperto che in uno stringente rapporto epistolare con suo nipote, il giovane diavolo custode Malacoda, gli fornisce preziosi consigli per condurre l'anima del suo assistito alla perdizione eterna). Proprio la stessa che avevamo già pubblicato sul nostro settimanale il 9 settembre del 2006. Abbiamo creduto opportuno riproporla all'attenzione dei nostri lettori. Crediamo possa aiutare molto più dei nostri balbettii a capire cosa è veramente in ballo oggi, dietro la vergognosa opera di intimidazione e privazione della libertà d'informazione che è stata posta in essere in danno nostro e di alcuni prestigiosi colleghi. Torniamo al lavoro sereni per aver rivisto che la speranza, la gioia e la giustizia non sono illusioni per caratteri deboli e bacchettoni fessi ma la realtà concreta attraverso cui si svela il destino per cui siamo stati fatti. Poiché esso ci viene incontro non attraverso i trattati di filosofia e nemmeno per il tramite delle massime giurisprudenziali, ma per mezzo di volti umani. Lieti anche nella sofferenza e testimoni di una verità che non è relativa, tanto da compiere sino in fondo il destino dell'uomo.
piccenna@hotmail.com
Mio caro Malacoda, confondere, confondere, confondere. Non mi interessa se il tuo paziente adesso si dice cristiano. Cristiano, ateo, agnostico, teista... lascia che si definisca come meglio crede, l’importante è, mentre si sente assolutamente sicuro di sé, che abbia le idee confuse. Non ti preoccupare se è uomo di saldi princìpi, anzi, per noi sono i migliori; preoccupati, e seriamente, quando nella sua mente si fa strada la percezione che qualche cosa sia vero. Devi tenerlo a tutti i costi lontano dall’idea che una cosa o una persona sia indubitabilmente e in modo inattaccabile esattamente quello che appare alla vista. C’è un modo pressoché infallibile per distoglierlo da questa posizione pericolosa, insinuargli quotidianamente che il problema di fondo è la questione morale (avremo tempo per imparare a sfruttare come si deve questa parola, perché anche il Nemico sa usarla per la sua causa, per ora ricordati che quella sua fissazione di volere che gli uomini siano liberi può essere il suo punto debole). Quindi, se per esempio il tuo paziente, come mi hai scritto nel tuo ultimo rapporto, incontra delle persone che lo colpiscono, qualcuno per il quale provi un genuino interesse anche solo intellettuale, fa’ in modo che non si ponga mai la domanda «Chi è?», ma piuttosto: «Come si comporta?». Questa attitudine deve manifestarsi anche nelle attività intellettuali. L’altro giorno hai perso un’occasione d’oro. Quell’articolo de “Il Resto” (in origine era “Wall Street Journal”, ndr) sulla situazione materana (nel testo di C. S. Lewis si legge “internazionale”, ndr) gli stava chiarendo le idee, non dovevi permettergli di arrivare alla fine. In situazioni simili devi intervenire non appena inizia a muovere leggermente su e giù la testa e far correre il suo occhio direttamente alla fi rma: «Ah...». In quell’attimo ti giochi tutto, un istante di sospensione dell’assenso e ti infili con la più efficace delle domande: «Cui prodest ?», e a ruota: «Senti da che pulpito» (tutti hanno un’incoerenza a cui essere impiccati), e poi in crescendo: «Ma chi lo paga?». Fa’ che in quel momento non pensi al suo stipendio e meno che mai a quel locale ereditato dalla zia e affittato in nero a sei studenti universitari, (o a quel nobile circolo di giocatori di poker e chemen de fer incalliti, ndr) ma si fissi con indignazione sul conto corrente della grande firma e non su quello che ha scritto. A questo punto puoi lasciarlo divagare, pensi quello che vuole, faccia tutti i collegamenti logici che vuole. Il Nemico chiama sprezzantemente questa attività «arzigogoli della mente», non li sopporta, e invece sono il nostro trionfo. A questo punto il tuo paziente avrà sollevato lo sguardo dalla pagina che ha di fronte, lo avrà fi ssato in un punto indefinito, per “concentrarsi”. In realtà non sta guardando più nulla, non ha più niente davanti ai suoi occhi, quelle parole che lo avevano sorpreso per la loro nettezza sono lontane, sfocate... abbandonato ogni rapporto con la realtà, piegherà il giornale e lo butterà con fastidio sul tavolino: «La solita propaganda diffamatoria!». Alla settimana prossima. Tuo affezionatissimo zio. Berlicche
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